Si è appena conclusa la 22a edizione del Merano Wine Festival ed anche quest’anno si è registrato il consueto successo di pubblico, arrivato dai quattro lati del mondo, per mettere la bandierina su uno degli appuntamenti imperdibili del mondo del vino. Come mai tanto successo? Basta snocciolare qualche numero e scorrere la lista dei produttori presenti per capirne i motivi. Sono stati 6500 i visitatori che hanno calpestato il red carpet per entrare al Kurhaus. Le aziende italiane erano ben 357, mentre quelle straniere erano 122. Esordio per la consueta giornata di giovedì con la Bio&Dinamica, dove si contavano 73 cantine.
La Bio&Dinamica si è svolta nella giornata di giovedì ed è una giornata che attira molti appassionati che accorrono anche per capire in che direzione sta viaggiando questo genere di viticoltura e per conoscere le ultime novità.
Andiamo a vedere quali sono…
La Brandini è un’azienda di La Morra. Sono sul palcoscenico da soli 20 anni, ma quest’ultima versione testimonia come la crescita è stata rapida e compiuta. Nebbiolo dinamico, teso, di beva. Barolo 2009 di buona struttura ed armonia.
La Cascina San Lazzaro è l’azienda che produce vini da coltivazione biodinamica di proprietà di Claudio Icardi. Il Dadelio Bianco è consigliato per chi ama i vini decisi, freschi e con un tocco più aromatico, mentre il Dadelio Rosso per chi ama i vini con un taglio più netto ed un tannino più marcato.
Azienda che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante ed oggi si propongono tra le migliori versioni della denominazione. Il San Pietro è un Gavi che fa affinamento in acciaio sui propri lieviti, più strutturato invece il Mandorlo, cru di Cortese dall’omonimo vigneto.
Vini nitidi, puliti, dalla chiara matrice varietale ma che non peccano di personalità quelli della cantina di Caldaro, dove spicca su tutti il loro Gewürztraminer 2012.
Parliamo di Toscana incominciando dalla Due Mani, l’azienda gioiello di Elena Celli e Luca D’Attoma in quel di Riparbella in provincia di Pisa. Vini in continua crescita qualitativa, dove abbiamo l’Altrovino, taglio bordolese in parti uguali di Cabernet Sauvignon e Merlot, il Suisassi, da uve Syrah in purezza ed i due vini da Cabernet Franc, il Cifra ed il Due Mani, quest’ultimo punta di diamante aziendale.
Restiamo a Riparbella, ma ci spostiamo da Caiarossa. Il nome deriva dai terreni di terra rossa e ghiaia, i quali danno un’impronta speziata e minerale ben marcata ai vini, a cominciare dal Bianco, da uve Chardonnay e Viogner. I Rossi sono ottenuti da più vitigni, il Caiarossa Rosso è il vino top dove predominano il Cabernet Franc, il Merlot ed il Sangiovese, mentre il Pergolaia è a base Sangiovese. Molto interessante anche la Vendemmia Tardiva.
Il Podere Forte, azienda della Val d’Orcia fortemente voluta dal suo fondatore Pasquale Forte, ha mutato il suo carattere nelle ultime versioni dei suoi vini, lasciando da parte le dolcezze e le rotondità del passato, a favore di un dinamismo e di una personalità ben più interessanti. Il Petrucci è un Sangiovese 100%, preciso, intrigante e di grande eleganza.
Tappa obbligata quella da Fontodi, soprattutto quando hai di fronte una versione monumentale del Flaccianello come la 2010. Un vino profondo, di grande articolazione, con una trama tannica decisa, minuta, ma di grande eleganza e che avrà molto da dire in futuro.
Valter Mattoni è tra i produttori marchigiani più estrosi degli ultimi anni. I vini sono come lui, con l’Arshura 2011 di grande interesse ottenuto da uve Montepulciano in purezza, tra i più grandi rossi regionali. E non.
Non puoi non soccombere sotto le grinfie della simpatia coinvolgente di Filippo Scienza e dei suoi vini targati Vallarom. Hanno tutta la schiettezza e quel pizzico di anticonformismo che lo raffigurano appieno. Su tutti il suo Pinot Nero, non di grandissimo spessore, ma intrigante nella trama.
Produttore da seguire con un occhio di riguardo è Stefano Menti di Gambellara. Produce un metodo classico da uve Durella chiamato Omomorto, dove per la rifermentazione viene utilizzato mosto di uve Garganega appassite e poi commercializzate senza dégorgement. I bianchi proposti in degustazione erano tutti ottenuti da uve Garganega. Il top? Il Monte del Cuca 2010 da vigne di 40 anni, macerazione sulle bucce e sosta in acciaio per due anni con i propri lieviti. Un bianco da sballo.
Antica Enotria è da un po’ di anni che è presente a Merano. Sono vini concettualmente lontani dai concentratoni pugliesi che conosciamo, virano più sull’intraprendenza e sul vigore. Di personalità. Da provare il Vriccio da uve Primitivo, anche se non è il vino aziendale più importante, colpisce per la sua freschezza e facilità di beva.
Finiamo la giornata a Bio & Dinamica con la tappa doverosa a Trabucchi. Il loro Amarone Riserva 2004 è tra i vini più importanti della denominazione. Imperdibile.
Chissà chi ci sarebbe dovuto esserci ? 🙂
Per quanto riguarda il racconto delle giornate di sabato, domenica e lunedì del Merano Wine Festival, abbiamo preferito suddividerlo per regioni.
Doveroso partire dai padroni di casa ed esordire felicemente con i vini di Terlano. Linearità, estrema pulizia, grande sapidità e profonda mineralità nel Sauvignon Quarz 2011 e nel Terlaner Nova Domus 2011. Se invece siete alla ricerca di spessore, calore, grazia e sostanza in un vino rosso, la soluzione si chiama Lagrein Porphyr 2010.
Una delle migliori cantine dell’Alto-Adige è la Tramin di Termeno. I suoi Gewürztraminer sono sempre quanto di meglio può offrire questo vitigno coltivato su queste terre. E uno dei più grandi capolavori mai fatti si chiama Nussbaumer proposto nella sontuosa annata 2004.
Non perdiamo mai l’appuntamento con il banchetto di mescita della Baron di Pauli, in quanto è un’azienda che sta sempre più sorprendendo. Non sono vini che colpiscono per potenza, ma giocano molto sulla linearità e l’eleganza. L’Exilissi 2010 è una bomba.
Uno dei migliori momenti del Wine Festival vedeva la mini verticale del mitico San Leonardo, taglio bordolese prodotto ad Avio in provincia di Trento. La 2007 è quella appena messa in commercio ed esprime tutto il carattere pieno, caldo e avvolgente dell’annata di origine. Così come la 2000 frutto di un’altra annata calda e che si offre nel suo splendore speziato ed evolutivo, con un tannino ben amalgamato. La 1999 mette l’accento sull’eleganza, con quel pizzico di rigore vegetale a livello olfattivo, mentre al palato scorre sul velluto. Top.
La visita al tavolo di Pojer & Sandri merita anche per scambiare due chiacchiere con quel vulcanico personaggio che risponde al nome di Mario Pojer. Eclettico e dinamico come i suoi vini. Compreso il Merlino, frutto dalla vinificazione arrestata del Lagrein con il Brandy. Ottima compagnia di dessert al cioccolato o da assaporare semplicemente da solo. Con un buon sigaro.
Se c’è una regione che si sta consolidando in Italia nella produzione di qualità a 360°, quella è proprio il Friuli Venezia-Giulia.
Le Vigne di Zamò è un’azienda che mette sempre la firma sulla viticoltura di eccellenza. La verticale del Friulano Vigne Cinquant’anni era strepitosa. Dinamica la 2012, calda e avvolgente la 2010 e profonda la 2009. Top.
Notevole il Sauvignon Riserva 2009 di Russiz Superiore. Un vino dalle note varietali meno amplificate di altri, ma decisamente più caratteriale, complessità minuta di frutta esotica, agrumi e fiori gialli. Palato avvolgente, di struttura, sostenuto da un taglio acido-sapido rivelante.
Altro Sauvignon che ci piace tantissimo è quello di Rosa Bosco. La 2010 è una versione luminosa, cristallina, pura di questo vitigno. Di grande articolazione.
Tra le “vecchie annate” da segnalare un fantastico Pinot Grigio Gris 2003 di Lis Neris di grande freschezza a discapito dell’annata, il Flor di Uis 1996 di Vie di Romans, esotico e sapido ed uno straordinario Collio Chardonnay Grici 2001 di Renato Keber.
Toscana grande protagonista anche quest’anno. IGT 2010 stupendi in genere, mentre per quanto riguarda i Brunelli, certo l’annata 2008 non sarà da brividi, ma ci sono diverse cose interessanti.
Bellissima prova del Grattamacco 2010, equilibrio, buona sostanza e tannino levigato. L’Alberello 2011 è tra i migliori “deuxième vin” in circolazione.
Consolidata anche la versione 2008 del Brunello di Montalcino Poggio di Sotto, passato ormai dalle mani di Piero Palmucci a quelle di Claudio Tipa. Mentre il Rosso 2010 è il miglior millesimo di sempre.
C’è sempre da divertirsi al tavolo di Capannelle, prestigiosa azienda di Gaiole in Chianti. Motivo in più quando propongono una verticale di Solare. La 2008 è in anteprima è si esprime con forza, equilibrio e tanto frutto. La 2005 è solare come il nome che porta, la 2001 è ancora oggi tra le migliori versioni di questo vino, mentre la 2000 esprime un pizzico in più di evoluzione, ma sempre sugli scudi.
I simpaticissimi Manuele Verdelli e Ilaria Chianucci.
Tappa d’obbligo da Fuligni. Vini che non colpiscono per struttura e potenza, ma hanno dal canto loro tantissima eleganza. Abbiamo assaggiato il Brunello 2009 in anteprima, una vera delizia.
Sempre convincenti i vini di Bibi Graetz con in testa il Testamatta 2010 di grande articolazione e di un dinamismo mai visto prima. Non riusciamo invece entrare ancora in feeling con il Colore, un vino che riteniamo troppo sopra le righe. Anche in rapporto al prezzo.
Azienda presente da moltissimi anni a Merano è la Vecchie Terre di Montefili, anche se quest’anno abbiamo avuto meno entusiasmo che in passato, forse perché in degustazione c’era il millesimo 2008 dei loro vini top. Molto chiusi e mancanti di quella espressività a cui eravamo abituati.
Lisini, azienda sempre al top anche se lontana dai clamori e dai grandi fasti. Lavorano sempre bene, da anni, in sordina. Le loro bottiglie sono sempre una garanzia. E quando viene prodotto l’Ugolaia, bisogna correre ad assaggiarlo.
Anche l’appuntamento con l’assaggio della nuova annata del Paleo da Le Macchiole è d’obbligo. La versione 2010 è meno caricaturale di altre del passato più recente, ma più equilibrata rispetto alla precedente. Rimane sempre uno dei migliori Cabernet Franc prodotti in Italia. Inoltre, l’azienda di Cinzia Merli, produce un Bolgheri Rosso da berne a secchi.
Azienda che sta vivendo una nuova vita la Querciabella di Greve in Chianti. Azienda che da qualche anno si è convertita al regime biodinamico dei vigneti, i vini hanno acquisito maggiore carattere. A cominciare dal Batàr, oggi più che mai, uno dei migliori vini bianchi toscani. Il Camartina, ottenuto da uve Cabernet Sauvignon e Sangiovese, viene proposto nel millesimo 2008, annata che non entrerà di certo negli annali, ma che ha dato un vino di rilievo per dinamismo e progressione.
Ci spostiamo a Mercatale Valdarno in provincia di Arezzo e facciamo visita alla Petrolo. Il Torrione 2010 associa beva, complessità e finezza, mentre il Galatrona 2010, Merlot in purezza, coniuga potenza ed eleganza.
Mini-verticale del mitico vino Le Pergole Torte, prodotto a Montevertine da Martino e Liviana Manetti. La 2011 in anteprima è un esplosione di frutta, mentre al palato ha bisogno, ovviamente, di trovare il giusto equilibrio che ne farà un vino longevo. Meno espressivo poiché sta attraversando un momento di chiusura, ma giocato molto sull’articolazione e sulla grande speziatura che si trova spesso nei vini dell’azienda di Radda in Chianti, la 2010 ha tutte le carte in regola per diventare tra le migliori versioni della storia di questo vino. La 2009 è già più aperta a livello aromatico, mentre al palato si offre con una trama fatta da tannini energici e serrati.
Vabbé… e poi ci sarebbero stati questi…
Si conferma tra le migliori aziende di Toscana, l’azienda Poliziano di Federico Carletti. Il Vino Nobile di Montepulciano Asinone 2010 un vino vigoroso e saldo sulla propria struttura e sui propri tannini, bisognosi di tempo per smussarsi e dare maggiore articolazione al palato.
Beh… che dire??? Quando ti trovi davanti ad uno spettacolo del genere, non puoi non fermarti da Fèlsina. Tra i miei Sangiovese preferiti, Rancia e Fontalloro, esprimono sempre il carattere della terra da dove nascono. Più cupo e restìo a concedersi il primo, più “ruffiano” e solare il secondo. Le 2010 sono uno spettacolo per sostanza, forza ed eleganza, le 2009 sono più contratte e mostrano tannini più saldi e decisi. Ma il vero spettacolo enologico è stato tutto per il Fontalloro 2000, un vino che si mostra in tutta la sua chiarezza evolutiva e che al palato rende giustizia al valore di questo grande vitigno che tutto il mondo ci invidia.
Storica azienda del Chianti Classico è il Castello Monsanto. La 2011 del loro Chianti è il massimo della bevibilità, la Riserva 2010 è tra le migliori mai fatte, mentre valeva il viaggio l’82 de Il Poggio, voluttuoso, armonico, di grande complessità.
Castello di Ama è la storica tenuta chiantigiana, adagiata sulle colline di Gaiole in Chianti. Marco Pallanti ha fatto portare a Merano una serie di munizioni da brividi. La Riserva 2010 più massiccia e compatta, la Riserva 2009 meno strutturata ma più articolata in questo momento. Di grande espressività la 2008 e la 2007 del Castello di Ama.
L’Apparita è lo storico Merlot in purezza prodotto dall’azienda, la 2009 diventerà grande, la 2005 è solida e risoluta, mentre la 1998 è un autentico bijoux. Non finiresti mai di degustarlo, assaporarlo e berlo.
Un ottimo acquisto, anche per via del prezzo proposto, è sempre il Brunello di Montalcino di Mastrojanni, struttura, articolazione e facile beva. Più sostanza e incisività nel Vigna Loreto 2008.
Un po’ sottotono rispetto ad altre versioni, complice l’annata, ma comunque sempre valido il Brunello di Montalcino 2008 di Biondi-Santi. Gioca molto sull’equilibrio e la prontezza di beva. L’annata ideale se oggi volete stappare un loro Brunello.
Festeggiamo il 25° anniversario della Tenuta dell’Ornellaia, con una versione superlativa come la 2010. Profondità, articolazione, c’è tutto in questo vino. Da tenere in cantina e dimenticarselo. Le Serre Nuove si conferma il migliore “second vin” della denominazione.
Piaggia è ormai azienda consolidata del Carmignano, tuttavia la crescita qualitativa è ogni anno sempre più evidente. Vini che continuano ad arricchirsi di personalità, carattere e sostanza e quegli assaggi della loro Riserva di dodici anni di differenza, ne sono la prova.
Se c’è un’azienda ilcinese che ha mostrato dei segni di continua crescita negli ultimi anni, quella è proprio Cupano. La loro verticale di Brunello è stata uno dei migliori momenti del Wine Festival.
Chiudiamo l’argomento Toscana con una bellissima mini-verticale del Guado al Tasso, storico taglio bordolese della famiglia Antinori prodotto a Bolgheri. La 2010 è sontuosa per classe, potenza ed eleganza. La 2005 e la 2003 sono espressione di due annate calde, sorprende più la seconda per aver mantenuto maggiore agilità e non ha la chiusura asciutta dei tannini trovata invece nella 2003.
L’attenzione verso il Piemonte, alla rassegna Meranese, era di assoluto interesse e curiosità per via della bontà dei millesimi proposti. Incominciando da alcune anteprime di Barbaresco 2011, i Barbaresco 2010 ed i Barolo 2009. Aggiungiamoci anche qualche vecchia annata e il gioco si faceva ancor più interessante.
Iniziamo il tour langarolo dall’azienda dei fratelli Minuto. La Moccagatta è ormai un gioiello incastonato nel prezioso mosaico quando si parla di Barbaresco. Il loro Bric Balin è la punta di diamante. La 2011 sarà assolutamente da seguire e con la 2006 è facile cadere innamorati di questo vino.
Si parlava di punte di diamante ed eccoci a La Morra dall’azienda di Roberto Voerzio e suo figlio Davide. Due superpotenze della denominazione sono il Rocche dell’Annunziata Torriglione 2009 e il La Serra 2009. Occhio ai 2010 il prossimo anno…
La Pio Cesare è una delle aziende più storiche di Alba, ma anche quelle con la qualità più elevata. Il loro “base” 2009 è tra i migliori della categoria. Ornato per il Barolo e Il Bricco per il Barbaresco sono sicuramente di una spanna superiori, ma non rendono in termini di piacere, quanto il loro classico.
Ti vorresti soffermare delle ore al banco presieduto da Mario Cordero che, insieme a Luca Currado, sono alla regia enologica dei fantastici vini targati Vietti. Lo Scarrone VV 2011 è un momento di assoluto piacere ed il Castiglione 2009 è un inno alla gioia al Nebbiolo. Assaggi in cantina consigliano di allacciarsi le cinture di sicurezza il prossimo anno, quando verranno commercializzati quelle opere d’arte che riporteranno la scritta 2010 in etichetta.
Cinture ben allacciate anche quando si parte per il vorticoso viaggio che porta agli assaggi dei vini di Bruno e Bruna Giacosa. Alla conduzione enologica è ritornato Dante Scaglione. L’Albesani-Santo Stefano 2011 ed il Rocche del Falletto 2009 sono da dimenticare in cantina. Mentre l’Asili Riserva etichetta rossa 2004 è stato il miglior vino di tutto il Wine Festival.
Vini in grande spolvero quelli della Tenuta Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy, la carrellata che ci ha portato a degustare il Camp Gros dalla 2004 alla 2008, passando dalla 2006, ed il Gaiun 2007 e 2009 sono a testimoniare una sontuosità fatta di estrema eleganza e finezza. Non sono vini che colpiscono per potenza e struttura, ma giocano molto sulla profondità ed il dinamismo. Croccantezza del frutto, unito al solito tocco di tabacco biondo, timbro di fabbrica aziendale.
Piacevole intermezzo dolce con la purezza e la cristallinità dei Moscato firmati Romano Dogliotti.
L’azienda Negro è conosciuta soprattutto per i suoi Roero, quest’anno invece hanno voluto proporsi nella Kermesse Meranese con una piccola verticale del loro Barbaresco Riserva Basarin. 2007 dal timbro caldo, 2008 un po’ smorzato nell’articolazione, mentre la 2009 è tra le più interessanti. Sicuramente un mattone dove costruire le fondamenta per il prossimo futuro.
L’azienda albese di proprietà della famiglia Antinori, ha scelto Merano per l’assaggio in anteprima della loro nuova Riserva ottenuta dal cru Colonnello all’interno della Bussia. Sicuramente un vino che avrà molto da dire in futuro e che colpisce più per finezza che non per potenza e struttura. L’89 che abbiamo assaggiato noi era un po’ “border line”.
E’ arrivata l’ora di spezzare il ritmo con dei Franciacorta. Sfarzosa e principesca la prova del Dosage Zéro 2009 di Cà del Bosco, magnifica e vistosa invece è l’Anna Maria Clementi 2005.
Non poteva assolutamente mancare all’appello l’assaggio del nuovo Satèn de Il Mosnel e della versione 2006 del QdE Pas Dosè. Assolutamente splendida.
Altra importante regione è il Veneto, dove i bianchi sono sempre magnificamente rappresentati da Anselmi.
Vini anticonformisti sono sempre quelli di Inama. Dal Soave Capitel Foscarino 2012, passando dall’originale Sauvignon Vulcaia Fumé 2011 ed il Rosso Bradisismo.
Mini verticale anche per un altro vino storico. Il Capo di Stato di Loredan Gasparini, taglio bordolese prodotto a Venegazzù in provincia di Treviso. il 2006 era un incanto.
Azienda leader della Valpolicella e “cliente” storico del Wine festival è l’Allegrini di Fumane. Vini in continua crescita qualitativa sono il La Grola ed il Palazzo della Torre, mentre l’Amarone 2009 dava sfoggio del suo rigore e del suo spessore, coniugati alla facilità di beva.
Nulla da dire sulla bontà e sul valore dei vini della Umani Ronchi. Azienda delle Marche e che proponeva un Casal di Serra 2012 sempre una garanzia per la denominazione Verdicchio dei Castelli di Jesi, Il Plenio superiore per struttura e forza, mentre il Cùmaro è una delle etichette più affidabili del Rosso Conero.
La Campania era ben rappresentata, le aziende a cui abbiamo fatto visita sono la Quintodecimo di Luigi Moio con un Giallo d’Arles 2012 in splendida forma.
E la Feudi di San Gregorio. A presiedere al banco di mescita, gli amici Federico Graziani e Alessandro Palmieri.
Per quanto riguarda la Sicilia, abbiamo reso visita a Gulfi, con i suoi cru di Nero d’Avola e dove splendeva un Nerobufaleffj 2008 da favola.
Splendida è anche la bella Gipi De Bartoli che ha presentato una serie di vini commovente e dove la massima espressività è stata raggiunta dal Bukkuram Padre della Vigna 2008, un Passito di Pantelleria di esecuzione maniacale. Un autentico capolavoro.
C’è un posto magico all’interno del Kursaal dove si assaggiano liquidi magici, eroici. Quel posto è il palchetto in fondo alla sala che ci si arriva solamente se ve lo meritate.
Già perché L’ES (in questo caso la 2011) di Gianfranco Fino e di Simona Natale è da segnare con la tacca a segno del proprio passaggio. Un Primitivo superlativo per imponenza, struttura, spessore ma una verve acido-sapida che lo regge in piedi e non stanca mai la beva.
Il sottoscritto con i Fino’s
La simpatia coinvolgente di Raffaele Pagano ed i suoi gioielli firmati Joaquin…
Un Fiano di grande espressività, purezza, articolazione quello proposto nella 2012. Al top della categoria.
Vini estremi sono anche quelli prodotti da Marisa Cuomo
Marisa proponeva ben quattro annate del suo Fiorduva, uno dei migliori vini bianchi italiani. Dall’irriverenza della 2012, la leggiadrìa della 2011, la soavità della 2010 e la bellezza della 2009.
New entry a Merano è l’azienda Scala Fenicia. In assaggio avevamo un Capri Bianco 2012 davvero interessante, ottenuto da uve Greco, Falanghina e Biancolella. Di grande fascino i terrazzamenti da dove provengono le uve.
Ci troviamo a Valdagno in provincia di Vicenza, la Masari è il gioiellino di Massimo Dal Lago. Su tutti spicca il Masari Rosso, ottenuto da uve Cabernet Sauvignon e Merlot ed il Doro Passito da uve Durella e Garganega.
Concludiamo il percorso di questa edizione del Merano Wine Festival con il racconto dei vini di Bordeaux.
Domaine de Chevalier si trova nell’AOC Pessac-Léognan nelle Graves. Produce uno dei più interessanti vini bianchi secchi di Bordeaux, mentre il Rosso esprime quella profondità “gravosa” che crea quel sottile legame con il territorio di origine.
Il classico Saint-Émilion sanguigno e terroso quello proposto nel 2011 da Pavie Macquin. Splendida e di altra categoria è la 2006.
Uno dei miei Pomerol preferiti e non lascio mai la sala dei Bordeaux, prima di averlo assaggiato. Già perché il banco è sempre preso d’assalto, soprattutto quando in degustazione c’è un maestoso 1999. Ricco, speziato, tartufato. La 2011 di Gazin è invece ridondante di frutta rossa e spezie piccanti.
Passaggio a Margaux, per l’assaggio dei 2006, spettacolare, e della 2007, più sottotono, dei vini firmati Giscours. Vini che a mio modo di vedere sono sempre in estrema lotta, alla ricerca di uno stile che non sempre è legata all’eleganza dei Margaux.
Più territoriali invece sono quelli targati Rauzan-Ségla. Equilibrio, leggiadrìa nella 2006, carattere evolutivo e grande avvolgenza nella 2002.
Più vicini allo stile di un Margaux, anziché al classicismo di Pauillac, sono i Pichon Longueville Comtesse de Lalande. 2010 ricca, opulenta ed articolata. La 2003 esprime quelle tonalità calde e quel tannino ruvido dell’annata di origine.
Se c’è un vino di Pauillac che uno vorrebbe sempre avere in cantina senza continuamente dare affondo alla propria carta di credito, quello è Lynch-Bages. Il fatto di scrivere sempre in piccolo l’annata e metterla in basso a sinistra, a Merano ha il suo perché ed evita il continuo affollamento al banchetto di mescita. Per la cronaca la 2001 non è una delle migliori prove di Lynch, ma grande interprete di cosa vuol dire esprimere polpa, sostanza e profondità dai terreni di Pauillac.
Rotondità, equilibrio, sostanza sono alla base del Sauternes 2003 di Rayne Vigneau.
Chiusura col botto. Fuochi d’artificio per la regalità dei Sauternes di Chateau de Fargues. Un 2003 ricco, spesso, voluttuoso, mentre la 1998 è un autentico capolavoro!
Siamo sempre gli ultimi a lasciare il Kurhaus…
Arrivederci al 2014!
Merano International WineFestival&Culinaria
XXII Edition
Evento promosso dalla:
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