Che cosa prende uno chef dalla sue influenze? Non necessariamente maestri, ma anche amici, colleghi tra cui c’è sintonia e unità di vedute. Ricette? Alle volte sì, ma che occasione sprecata. Quando uno ha talento, ha anche carattere e in questo caso la copia non è contemplata, è naturale filtrare tutto attraverso la propria ottica. Quello che bisognerebbe davvero “rubare” ai grandi sono le strutture dei piatti, le filosofie che li sottendono e a quel punto i confronti diventano inutili. Parini il nuovo Lopriore? Sì e no. Pier Giorgio Parini è uno schivo, umile e sembra quasi naturale la sua tendenza a nascondere che lo accomuna al suo omologo del Canto. C’è una grande materia prima, ma è quasi una distrazione, le emozioni del piatto sono le erbe, gli elementi “altri”, punti di apparente disturbo che agiscono da catalizzatori, esaltano sui classici e armonizzano negli azzardi. Vedi una triglia olive e pomodoro profumata di lavanda o il lavoro certosino sul ginepro e sulla sua balsamicità, utile a creare un legame mare-terra tra sgombro finocchio e mela. A Lopriore piace proprio il nascondino e il relativo effetto sorpresa, anche il togliere punti di riferimento, a volte… succede anche qui, in qualche modo. Vedi le varie versioni del riso bianco, tanto intense quanto innocenti all’occhio, la sottrazione della distinzione visiva degli ingredienti in favore di un’esperienza gustativa amplificata; la pennellata circolare del farro che diventa umile supporto per lo slancio aromatico della crema di vongole e succo di verbena. Ci ricordiamo tutti la sua omelette di canocchia, dove non ci si può nemmeno fidare su cosa sia il contenente e cosa il contenuto. La grande differenza col Marchesi boy sta nell’aver scelto un’esposizione più semplice da approcciare, mantenendo sempre quella sensibilità al gusto, quella golosità tipica romagnola, quel qualcosa che ti fa prendere anche un semplice pomodoro dal frigo e trasformare in un piatto godurioso (sapete che lo può fare). Una capacità di trasformare la materia derivata da grande studio sugli in.gredienti, evidentemente figlia dell’esperienza Alajmo. Pier Giorgio non è uno che poteva tornare da Rubano con una sua versione rivista del cappuccino di seppie, suvvia… non è uno che affina le ricette, ma le capacità. Impegno che l’ha portato in questi anni a sciorinare un repertorio di qualche centinaio di nuove creazioni. Ci sono stati risultati altalenanti, ma non stava mettendo a fuoco “banali” piatti, ma rifiniva l’arte di concepirli, un’aspirazione decisamente più grande.
Ci affidiamo coi nostri Amici Gourmet alle cure dei Patron Stefania e Fausto, al loro garbo e alla loro ospitalità sincera, per gustare i risultati di questo percorso.
Archivio storico reportage:
-> Reportage del 14 gennaio 2011
-> Meeting del 12 dicembre 2011
Sala e mise en place
Il nostro esclusivo menù
Abbinamento Vini
Nei meeting utilizziamo i vini messi a disposizione dai nostri Partner.
Pane
Tipologie di pane: focaccia sale grosso e rosmarino; grissini con semi di sesamo e lino; pane prodotto con mix di farine e grano semintegrale.
Riserva del Fondatore Giulio Ferrari 2001 – Cantine Ferrari
Eccoci al mito. In questa bottiglia Mauro Lunelli ha voluto sintetizzare tutta la storia e la grandezza dell’azienda, fondata all’inizio del XX secolo da Giulio Ferrari e condotta da quasi sessant’anni con incessante passione dalla famiglia Lunelli. Il vigneto è uno di quelli noti in tutta Italia: il cru Maso Pianizza. L’uva è una e in purezza: lo chardonnay. L’invecchiamento è categorico: una decade. La firma è inimitabile: Giulio Ferrari.
Piattooo!
Sgombro, mela verde, finocchio e polvere e gocce di ginepro
Un Adriatico insolito e ispirato dove gli ingredienti sembrano essere scritti in carta in ordine di importanza. La magia la fa il ginepro, espresso nella totalità della sua gamma aromatica, più selvatica e amara la polvere, più resinose e balsamiche le gocce… e dire che sembrava quasi di troppo. Pesce azzurro e finocchio o con la mela verde, chi metterebbe in dubbio abbinamenti così assodati? Eppure tra gli estremi di freschezza e grassezza marina c’era tutto un mondo di sfumature e Pier Giorgio l’ha scorto e tratteggiato con la pennellata decisa nel colore, ma morbida nei tratti, insinuando tra frutta e verdura un bosco di foglie e bacche. Ha creato nuovi equilibri, apparentemente solidi, vista la sicurezza con cui li porta al palato, ma in realtà basati su pochi schizzi di salsa sul piatto.
Triglia, olive, pomodoro, essenza di lavanda
La tecnica per rivoluzionare la materia ce l’ha, la sensibilità per rendere gusti sempre autentici pure. Pomodoro e olive sono chiaramente qualcos’altro, ma la rievocazione di una triglia in umido è familiare, come si potrebbe confare a un ristorante di molecolare estrema. Ma anche qui, levando le sovrastrutture di un sugo tout-court, ma mantenendo la genuinità della triglia, si apre uno spazio in cui intervenire, stavolta con l’aromaticità pungente della lavanda.
Orata, pralinato di nocciola, latte d’angelica e verdure
Campania Igt Falanghina Via del Campo 2009 – Quintodecimo
Un’azienda biologica irpina condotta con crescente successo da Luigi Moio, tra le altre cose ordinario di enologia all’università di Napoli. La fermentazione si svolge parte in acciaio e parte in barrique, così come l’affinamento. Ha un profilo complesso, che dal tropicale del bouquet arriva al minerale, financo al balsamico.
Farro al nero di seppia, crema di vongole e succo di verbena
Sappiamo che Parini non è uno che fa antologia dei suoi piatti. Se una sua creazione vi ha conquistato rassegnatevi, probabilmente non la ritroverete la prossima volta. E allora se dobbiamo cercare un piatto che lo rappresenti, perché non affidarci a questa pennellata? È tutto qui: ispirazione, urgenza, stile, cifra. Ci sono i sapori puri della grande cucina contemporanea declinati sul territorio, mare su mare, ma niente caviale su ostrica, piuttosto “peveracce” su seppia. C’è la sua mano, il profumo dell’erba e la cremosità golosa della vongola messa lì, lontano dal centro dell’attenzione, ma vera colonna del piatto… e c’è la sua creatività, immediata, istintiva, riassunta anche nella rappresentazione di un gesto, un colpo sul piatto, fulminante e intenso anche (e soprattutto) nella sua imperfezione. Bellissimo e geniale.
Trebbiano d’Abruzzo 2010 – Azienda agricola Valentini
Riso bianco (versione con distillato di pomodoro, pepe e bacche profumate)
La versione estiva di un piatto che è ormai leggenda. Talmente ricercato dai gourmet di tutta Italia che non solo non può toglierlo dalla carta, ma ha dovuto pure elaborarne più versioni. E questa sarebbe la prima, quella col cipresso è venuta dopo. Un piatto divertito già dal nome, è un risotto preparato con marchesiana sobrietà, niente soffritto né brodo, loprioriana riservatezza, i contrappunti aromatici sono nascosti sul fondo del piatto, e pariniano equilibrio tra complessità, piacevolezza, leggerezza e intensità. E non è mica poco.
Costa d’Amalfi Doc Furore Bianco Fiorduva 2008 – Marisa Cuomo
Un vino estremo, che nasce dagli impervi terrazzamenti della splendida Costiera Amalfitana con tre uve autoctone fermentate in barrique: Fenile, Ginestra e Ripoli, quest’ultima in dose leggermente superiore alle altre. Ha un bouquet particolarmente intenso che indugia molto sul fruttato, ben presente anche in fase di persistenza.
Penne alla boscaiola con lumache di terra, funghi, cortecce, radici e muschio
Più che alla boscaiola… al bosco. Tutto, da sottoterra in su!
Morellino di Scansano 2006 Riserva – Moris Farm
Morellino proveniente da Poggio di Mozza, che completa il Sangiovese con una punta di Cabernet Sauvignon e Merlot. Affinato in barrique, questo vino abbina una morbidezza corposa a un’intrigante trama tannica.
Trippa in umido
Cipolla, lamponi e cipresso
Barbaresco Gaiun 2003 Martinenga – Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy
Una selezione prodotta nelle migliori annate del cru monopole Martinenga a Barbaresco e vinificata dalla cantina in maniera più moderna rispetto alle altre, avvalendosi di un invecchiamento di venti mesi in barrique. Un Barbaresco superbo con tutti i crismi della tipologia più uno charme suadente conferitogli dal particolare affinamento.
Agnello, patate e polvere di noccioli di ciliegio
Guancia di manzo al gelsomino
Verdicchio dei Castelli di Jesi Passito 2007 Rojano – Vallerosa Bonci
Verdicchio in versione passita. Restiamo sul sicuro con l’azienda Bonci, che fa fare a questo vino un breve passaggio in barrique prima dell’imbottigliamento.
Agrumi (pompelmo, scorze di limone, spuma di miyagawa, crema di biscotto)
Il Miyagawa è una varietà di mandarancio di origini giapponesi, ma coltivato anche in Sicilia.
Albana di Romagna Passito Scacco Matto – Fattoria Zerbina
Un’azienda esempio per tutta la Romagna, brillantemente guidata dalla brava Cristina Geminiani, che tra le altre cose ha pensato per prima alla vinificazione di un’albana tardiva con muffa nobile: lo Scacco Matto. Non ci si allarga se si dice che è sul podio dei migliori vini da dessert della Regione e non solo.
Torta di mele
Coccole finali
Tipologie della piccola pasticceria: piccolo cono di panna e cioccolato; biscotto con crema catalana alla lavanda; eponge al cacao; tartelletta con crema al limone; gelatina d’uva e paprika; cannolo alla crema pasticcera.
Caffè
Torrefazione Lelli Bologna.
Lo chef ci raggiunge al tavolo…
… prima di accompagnarci nell’orto
Un caloroso ringraziamento a Fausto, Stefania e Pier Giorgio per questa grande esperienza!!!
Che dire… Alla prossima!
Viaggiatore Gourmet
Partner della duecentoquarantasettesima edizione Meeting di Altissimo Ceto
Ristorante Locanda Povero Diavolo
47825 Torriana (RN)
Via Roma, 30
Tel 0541 675060
Chiuso mercoledì
E-mail: info@ristorantepoverodiavolo.com
Sito internet: www.ristorantepoverodiavolo.com