Dopo Alto-Adige e la prima parte del Piemonte, proseguiamo con il racconto dei vini delle aziende piemontesi.
La prima azienda di oggi è la Cordero di Montezemolo, che ha presentato i suoi tre cru nell’annata 2003 che elenco in ordine di piacevolezza. Il Barolo Monfalletto 2003 (17,5/20) che si esprime ora nella sua piacevolezza, un Barolo sottile e garbatamente elegante. Il Barolo Bricco Gattera 2003 (18-/20), il meno è dato da un tocco incisivo dato dal rovere nell’impatto olfattivo rispetto al Barolo Vigna Enrico VI 2003 (18+/20), che invece lo troviamo più integrato e un piano superiore per quanto riguarda l’incisività. Chiudiamo con il Barolo Gorette 2000 (18,5/20), un vino che noi sommelier in gergo definiamo vino “fantasma”, per essere prodotto in piccole quantità e quindi al limite dell’impossibile trovarlo in giro. Da questo Barolo sono stati ottenuti solo 200 magnum. Il vino, se togliamo il fatto di essere un filo più solido, il resto è in linea con lo stile aziendale, per via della sua morbidezza, l’eleganza non esuberante ed il tannino minuto, dolce e non particolarmente aggressivo.
Confesso un filo di commozione nel parlare del Podere Rocche dei Manzoni per via della recente scomparsa della sua anima e “motore” aziendale, ovvero il suo proprietario Valentino Migliorini, una persona che veniva dal mondo della ristorazione e che nel corso degli anni ha scoperto che nel suo sangue correva il nebbiolo, fino ad arrivare a mettere “in piedi” una delle cantine esteticamente più belle di Langa. Non posso dimenticare i (purtroppo pochi) momenti passati in sua compagnia, che per il sottoscritto sono stati momenti culturali di grande significato, dal valore più grande di mille degustazioni. Così come non potrò mai dimenticare il suo spirito di grande produttore di vino (non solo Barolo) arricchito da un savoir-faire nelle pubbliche relazioni, tipico di un grande patron della ristorazione, che lo hanno reso un personaggio atipico per il mondo di Langa. Grande rimpianto sarà quello di non poterlo più incontrare quando l’Altissimo Ceto Team andrà in “missione” in Località Manzoni Soprani a Monforte d’Alba. Veniamo al racconto e cominciamo dalle “bollicine”, il Valentino Brut Zerò 2000 (18/20) è prodotto da sole uve chardonnay, con fermentazione in barrique del vino base. Credo che se la veda con il ’99 per il palmares di migliore annata “sfornata” da Valentino. Come tutti i Zerò di annate passate, avrà bisogno di cantina per via del suo rovere pronunciato e che personalmente consiglio sempre di metterlo in caraffa prima del servizio e servirlo nei bicchieri ampi per il suo cambiamento continuo a contatto con l’aria. Esordio invece un po’ sottotono del Brut Zerò Rosè 2003 (16,5/20) vinificazione in rosato di uve pinot nero in purezza, naso non così espressivo come il “fratellino” e una gustativa con minore grinta e un po’ seduta. Gli perdoniamo in quanto si tratta della prima annata, mentre Rodolfo Migliorini ci confessa che a partire dalla 2004 è stata aggiunta una piccola percentuale di chardonnay e questo dovrebbe dare maggiore freschezza. Il Langhe Rosso Quatr Nas 2001 (17/20), in questo momento offre tutto il suo migliore potenziale al naso, con carattere ed eleganza, piuttosto che in bocca che lo troviamo un po’ troppo serrato in questo momento. Ma la carta migliore è giocata con il Barolo Vigna Cappella di S. Stefano 2001 (18,5+/20). Valentino ha trovato la quadratura del cerchio con questa annata, un vino solido, di grande spessore, un tannino graziato in piena evoluzione ed un naso di grande potenza ed eleganza, paragonabile ai “top” ’96 e ’90. Unico “neo”…la solita nota di rovere marcata che avrà tempo di essere assorbita, come insegna chi ha dimestichezza ed esperienza con i crus di questo “Château”. Grazie ancora Valentino.
Esordio a Merano per i vini di Roberto Voerzio, peccato che Roberto non fosse presente, avrei voluto avere una sua opinione sui Barolo ’03 e potergli chiedere come potranno evolvere a suo parere. E magari avere una sua idea visto che il Langhe Nebbiolo 2004 (16,5/20) apre le danze sulle aspettative di questa annata e che ci lascia con l’acquolina in bocca. La Barbera d’Alba Pozzo dell’Annunziata 2003 (17,5/20) si presenta di grande fattura, solida, nessun cedimento sul piano della freschezza, ma non cercate la grinta e la complessità del 2001. Per conoscere la serietà professionale di Roberto Voerzio basti pensare che i vini vengono prodotti solo quando la qualità lo consente. Ecco quindi che due cru come La Serra ed il Rocche Torriglione non sono stati messi in bottiglia nell’annata 2003. A Merano abbiamo provato il Barolo Cerequio 2003 (18,5/20) che non delude le aspettative (e questo è un problema quando dai fuoriclasse ci si aspetta sempre di più) un Barolo veramente ben fatto, complesso e ricco, piacevolmente balsamico, anche se in bocca per profondità e qualità della trama tannica, personalmente lo colloco leggermente sotto al Brunate e al Capalot. Infine una nota riguarda il magnum assaggiato di Barolo Vecchie Viti dei Capalot e delle Brunate 2001 (S.V.)che malauguratamente sapeva di tappo. La cosa è stata fatta presente alla persona in rappresentanza al tavolo ma la risposta è stata ( 😥 ) di parere negativo. Peccato!
Arriva il momento della G.D. Vajra, azienda meravigliosamente condotta da quelle due persone splendide che sono Milena e Aldo Vajra. Altra azienda in attesa di essere passata ai raggi X dall’Altissimo Ceto Team. In attesa “beccatevi” il loro Langhe Bianco 2006 (17,5?/20) ottenuto da sole uve Riesling (sì, avete capito bene un Riesling a Barolo), chi ha dimestichezza con il Bianco di casa Vajra troverà un aroma di frutta matura e cedro candito che bisogna risalire fino al ’99 per ritrovarlo. Niente di nuovo, visto che parliamo di uno dei vini per carattere aromatico e grinta gustativa è, positivamente, tra i più, irregolari di tutta la Langa. Il punto interrogativo nel giudizio riguarda gli “spigoli” di questo vino che il tempo potrà modellare e modificare il giudizio finale. Per chi non conosce ancora i rossi di questa azienda, gli suggerisco di iniziare con la Barbera d’Alba Superiore 2005 (17,5/20) che ha nel suo DNA tutte le caratteristiche “tipiche” aziendali. Non cercate spessore, ultraconcentrazioni o grandi potenze, ma linearità, equilibrio e grandi aromaticità che vengono date dalle posizioni dei vigneti, tra i più alti di Langa. Altitudini che hanno permesso ad Aldo di produrre il Barolo Bricco delle Viole 2003 (18,5/20), un vino con maggiore polpa rispetto al 2001.
Altra azienda a cui sono particolarmente legato è quella condotta da Bruno Giacosa. A rappresentare l’azienda, il suo enologo Dante Scaglione, persona riservata, ma di una dedizione e passione verso il suo lavoro, così raro da trovare. La batteria presentata è di grande classe. Incominciamo dal Roero Arneis 2006 (17/20), il migliore mai prodotto per complessità e ricchezza, la Barbera D’Alba 2005 (17,5/20) è ben fatta e di grande equilibrio, il Barbaresco Rabajà 2004 (18,5/20) è in piena evoluzione, al palato, grande fattura, grande freschezza e una trama tannica abbastanza serrata. Il Barolo Riserva Le Rocche del Falletto 2001 (19,5/20), cosa dire? Un vino da “Altissimo Ceto”!!!. Una tra le migliori Etichette Rosse mai prodotte da Giacosa, per complessità, profondità e allungo. Altro Palmares, personalmente parlando, quello che in gergo cestistico viene chiamato “M.V.P.”, in assoluto il miglior vino del Wine Festival!
Passiamo ora al tavolo presieduto dall’azienda Prunotto. Abbiamo provato la Barbera d’Alba Pian Romualdo 2004 (16,5/20) piacevolmente accattivante al profumo e con una gustativa in piena evoluzione. La Barbera d’Asti Costamiole 2003 (17/20) proviene da uno dei cru che potenzialmente è da annoverare tra i migliori, così come da questa casa, mi aspetterei di più, come per esempio una ricerca verso una minore concentrazione ed una maggiore incisività. Incisività che inizio a trovare nel Barolo Bussia 2004 (17,5/20) che possiamo annoverare tra le migliori prove della Prunotto, anche se quel ’96… Chiudiamo con il Barbaresco Bric Turot 2001 (17,5/20) anch’esso in piena evoluzione (è anche tra i cru aziendali più “giovani”), il vino è tecnologicamente ben fatto ma “A.A.A. cercasi” anche un briciolo di personalità in più.
La Moccagatta è un’azienda di Barbaresco da sempre ben condotta dai fratelli Francesco e Sergio Minuto ma che sembra vivere dall’annata 2001 un’altra vita. Modificato lo stile aziendale, uno stile che in un recente passato è passato per quel periodo di transizione alla ricerca dell’equilibrio frutto-legno e dovuto in gran parte ad una mancanza di esperienza sull’uso dei legni piccoli, salvo eccezioni come le bellissime prove del Cole ’97 o del Bric Balin ’96. Ma veniamo ai giorni nostri, la Barbera d’Alba 2006 (16/20) è un’esplosione di frutto e fragranza nel bicchiere adatto a chi è alla ricerca di un vino piacevole e non cerebrale. Il Barbaresco Basarin 2004 (16,5/20) è il cru dove troviamo ancora quelle “pecche” di equilibrio frutto-legno che dicevamo prima, troviamo una bella materia prima ma personalmente trovo che il vino non abbia la struttura adatta per sostenere tutto quel legno nuovo. Provare a fare il Basarin solo in legno grande potrebbe essere un’idea… Discorso completamente diverso è il Barbaresco Bric Balin 2004 (18,5/20), certo anche qui troviamo un rovere esuberante, ma in tono completamente diverso dal Basarin, dovuto solo ad un peccato di gioventù.
Azienda in piena evoluzione anche quella condotta da Mauro Veglio e da sua moglie Daniela. In piena evoluzione in quanto i loro vini regalano sempre qualcosa in più con il passare delle annate. Cominciamo dal Langhe Nebbiolo Angelo 2005 (16,5/20) dove abbiamo frutto, eleganza ed equilibrio, stesso discorso per la Barbera d’Alba Cascina Nuova 2005 (16,5/20), mentre i quattro cru di Barolo (tutti a 18/20) presentati da Mauro Veglio li raccolgo in linea generale (in attesa di poterveli spiegare prossimamente su queste pagine), in quanto sono tecnicamente ben fatti, raccolgono tutti lo stile aziendale, vini che sono da annoverare tra quelli che giocano maggiormente sulla freschezza tra quelli della denominazione e con la scala aziendale di preferenze in ordine troviamo: Gattera, Castelletto, Arborina e Rocche dell’Annunziata.
Chiudiamo la parentesi piemontese con un altro grande Château, la Aldo Conterno. Château per via della sua bellissima tenuta, trasformata nel corso degli anni e che originariamente era la cascina chiamata Favot. Quelle poche volte che ho avuto la fortuna di parlare con Aldo Conterno sono stato per me sempre motivo di grande ricchezza culturale. Persona di poche parole, dove si può carpire i suoi segreti attraverso i suoi discorsi, soltanto se siete abili nel “leggere tra le righe” e che ha concorso nello scrivere la storia di un grande vino come il Barolo. Storia che contribuiscono anche i figli di Aldo Conterno e che hanno introdotto le barriques in cantina, anche se il papà questa cosa non l’ha mai gradita e che ha lasciato usare i legni piccoli per i vini, ma con il divieto del loro utilizzo per i Barolo. Quindi abbiamo tra i vini presentati, da un lato la Barbera d’Alba Conca Tre Pile 2004 (17/20) dove troviamo frutto, eleganza ed esuberanza fin da subito e dall’altro lato il Barolo Riserva Granbussia 2001 (18,5?/20) che sta’ attraversando una fase aromatica involutiva e bisognosa di parecchia ossigenazione per poterla apprezzare oggi. Ma la materia prima è di primo ordine, tra le migliori di questa casa. Da rivedere quindi, anche in termini di punteggio.
Arrivederci alla prossima puntata. Stay Tuned!
Ivano Antonini alias EnoCentrico