Quando si varca l’enorme cancello, situato al civico 6 di Via Vizza in quel piccolo paese chiamato Gaiarine, metaforicamente un minuscolo puntino posizionato nella più profonda Marca Trevigiana, si capisce che non stiamo entrando in una distilleria qualsiasi. Scesi dalle nostre auto, abbiamo come l’impressione di respirare già un’aria diversa. Un’atmosfera salubre, un poco emotiva, “costruita” con il passare delle generazioni.
Dal 1903. Anno di nascita della Bonaventura Maschio.
E’ passato poco più di un secolo da allora, ma è stata un’era pregna di avvenimenti e di cambiamenti generazionali, che hanno portato la distilleria alla dimensione attuale. Mutamenti importanti, anche sul piano dei numeri, ma che hanno sempre avuto un denominatore comune: La passione per la qualità.
Su queste pagine abbiamo sempre dato spazio, fino ad ora, a quella che potesse essere una nostra interpretazione di questo termine solo in campo enologico. Oggi ci troviamo per la prima volta, ad affrontare ed approfondire questo concetto parlando di distillati. Ma per capirne bene a fondo l’importanza ed il suo peso, occorre fare un salto indietro.
Infatti, la vera storia dell’arte distillatoria dei Maschio, comincia almeno un paio di generazioni prima. In un altro paese…
Cismon del Grappa è un paese in provincia di Vicenza. Forse l’ubicazione di questo villaggio può essere geograficamente ignorata dai più. E confesso che fino a poco tempo fa lo era anche dal sottoscritto, sebbene il Veneto lo conosca molto bene ormai da diversi anni. A Cismon, oggi, non vi è traccia del passaggio dei Maschio di quel passato, quindi dobbiamo sfruttare non poco la nostra fantasia, per spingerci fino alla fine dell’Ottocento ed immaginarci la scena di un carretto che trasportava un alambicco alimentato a legna, trainato da quell’Antonio Maschio, primo discendente di questa famiglia di distillatori, il quale passava per le vie del paese e proseguiva nel più classico dei “porta a porta” a distillare le vinacce. Erano ambientazioni caratteristiche dell’epoca, ricche di simbolismi se immaginate oggi, ma che danno il reale peso sulla considerazione che aveva la grappa ai quei tempi e in queste zone. Non una bevanda da assaporare e degustare al termine di un copioso pasto, ma bensì di un vero e proprio alimento. Indispensabile anche per “combattere” i rigori del clima di questo profondo angolo del nord-est.
Ma erano anche contesti che celavano condizioni di grande povertà. Ed erano proprio questi presupposti di miseria che li portarono ad emigrare in cerca di altre fortune. La scelta di intraprendere un viaggio carico di speranze verso l’Europa dell’Est, non era sicuramente tra i più facili, ma il nostro Antonio decise di portarsi con se’ il suo fidato alambicco su ruote, un po’ per necessità, un po’ perché ci piace ricordarlo come un simbolo porta fortuna. Di lì a poco, i Maschio, furono ricordati tra gli italiani che contribuirono alla costruzione di molte ferrovie di quell’area, specie quelle che collegavano paesi come la Romania e l’Ungheria alla Transiberiana. Quando i numerosi sacrifici furono ben ripagati, decisero così di fare ritorno in patria e posare la prima pietra di quello che sarebbe diventato, a loro insaputa, un vero e proprio impero. Almeno nel campo dei distillati.
Approdarono dunque in quel di Gaiarine nel 1903. Mai come in questa occasione, il nome del “fondatore” poteva essere così beneaugurante, visto che questo “Re” si chiamava Bonaventura Maschio, nipote di Antonio.
Il resto è storia recente…
Arriviamo dunque nel pieno degli anni ’80. Bonaventura ebbe cinque figli, tra cui Italo. Quest’ultimo si rese celebre per aver rivestito un ruolo di assoluto protagonista, insieme a pochi altri personaggi italiani, nella rivoluzione qualitativa nel campo della distillazione. Anche in questo caso, non fu un periodo facile. Non vi erano grosse necessità di creare un mercato legato al mondo delle acqueviti, poiché si distillava spesso e volentieri in casa ed erano numerose le famiglie dell’Italia del nord est che si facevano la propria grappa home-made. Il tutto con le logiche (e pericolose…) conseguenze. La grappa poi, era considerata un sotto-prodotto del vino, nonché una bevanda che era considerata “povera” a tutti gli effetti. Italo volle comunque creare un prodotto innovativo per il periodo e anziché distillare le vinacce, decise che il “suo” percorso migliore doveva passare dalla distillazione del mosto d’uva. Concettualmente non il “dopo” dunque, ma bensì il “prima”.
Fu così che il progetto Prime Uve, ebbe inizio.
“Leggerezza, trasparenza, semplicità. Un acino d’uva è come una bolla di vetro, materia fragile, un insieme di profumi e colori trasparenti, soavi, quasi effimeri da sfiorare appena con sapienza e attenzione. Un minimo errore può rovinare tutto.“
Così recita uno dei loro motti aziendali. Una citazione, questa, che si fonde pienamente nello spirito con quello che è dunque il concetto di qualità di Italo Maschio e di quelli che rappresentano oggi, l’ultima generazione dei Maschio. Ovvero i figli di Italo.
Andrea…
e Anna…
Generazione che non ha sicuramente dormito sugli allori, ma che ha contribuito, anzi, a dare un respiro più internazionale. Con quel tocco di intraprendenza e sfrontatezza giovanile che di certo non guasta. Proprio Andrea ed Anna saranno i protagonisti di una divertente e piacevole intervista doppia che leggerete in seguito e che lascia trasparire, attraverso le loro parole, l’enorme passione che ci mettono nel loro mestiere. O meglio… nella loro arte.
L’evento che ha visto ospitare molti “blogger del settore“, che si sono mossi da diverse parti di Italia per raggiungere Gaiarine in una piacevole e calda giornata di principio inverno, aveva lo scopo (anche ludico…), di cimentarsi in un’operazione di distillazione di un mosto d’uva di Moscato fiori d’arancio proveniente dai Colli Euganei, per poi riconoscere gli stessi aromi e le medesime sensazioni, dopo la sua distillazione.
Alla guida del gruppo di lavoro, facciamo la conoscenza di Stefano Baseotto, mastro distillatore, in Bonaventura Maschio fin dal 1983. Stefano è una delle persone più esperte e preparate che abbia mai conosciuto in questo meraviglioso campo. Con enorme semplicità e con grande umiltà, ci ha spiegato tutti i passaggi della distillazione. Come se fossimo i classici bambini di tre anni…
Come dicevamo in precedenza, la distillazione del mosto d’uva si differenzia di molto da quella utilizzata invece per le vinacce. La seconda da’ origine alla Grappa, mentre dalla prima si ottiene il Distillato d’uva, contemplato e regolato dalla legge, solo dal 1984. Il Distillato d’uva ha l’incombenza di ispirarsi ai distillati di frutta. Quindi con lo scopo di ritrovare nella bevanda finale, le caratteristiche del frutto di partenza. Dove lo Chardonnay sappia di Chardonnay, l’aromaticità di un Gewürztraminer deve avere quell’impatto deciso e “dolce” allo stesso tempo, del vino di partenza. O come nel nostro caso, la delicatezza, l’amabilità e l’armonia di un Moscato fiori d’arancio deve avere la medesima consequenzialità del prodotto finale. Facile no?
Ed è proprio qui che incomincia il difficile… Poiché stiamo parlando di un prodotto che viene fatto bollire, distillato e poi raffreddato. Numerosi passaggi, dove il mosto si trasforma in vapore e dove questi vapori devono essere poi nuovamente riportati allo stato liquido. Mantenendo la purezza e la cristallinità dell’uva originaria.
Prima regola quindi per fare un’ottimo distillato d’uva è il rigore qualitativo della materia prima. Senza un buon mosto d’uva, non potremo mai ottenere un buon distillato d’uva. Semplice come concetto, ma estremamente basilare nella sua perfetta riuscita.
Ma in sintesi… cos’hanno di speciale queste famose lavorazioni per ottenere le Prime Uve? E quali sono quegli elementi necessari che li differenziano dagli altri alambicchi più classici? Possiamo dire che sono fondamentalmente due: La distillazione “a bagno maria” ed il sottovuoto. Due elementi che confluiscono in un unico alambicco, “strumenti” dotati di enormi boules di rame, ispirati a quelle usate per la produzione di marmellate, ma anche quelle che vengono utilizzate da una famosa ditta produttrice di concentrati di pomodoro.
In questi grossi recipienti, il mosto viene fatto “cuocere” con la tecnica chiamata “a bagno maria” per non far mettere il mosto a contatto diretto con la fonte di calore. In questi alambicchi si abbassa notevolmente la temperatura di distillazione portandola a 60° e la tecnica del sottovuoto permette di ottenere un prodotto più puro e armonico già in seguito alla prima distillazione, in quanto viene eliminato quel processo chiamato “taglio delle teste e delle code”, necessario per questo tipo di distillati, poiché è ridotto ai minimi termini l’estrazione dei composti più dannosi.
Stefano ci illustra il percorso che compiono poi i vapori in questi alambicchi discontinui, nel viaggio attraverso le famose colonne, prima di diventare quel cristallino e puro liquido trasparente che esprimerà tutti gli aromi di partenza del nostro mosto di Moscato fiori d’arancio.
E’ arrivato il momento ora di dare spazio all’intervista doppia ad Anna ed Andrea…
Domanda: “Girando per la distilleria, abbiamo visto tutto quello che serve per fare dei buoni distillati. Preziosi alambicchi, l’estrema cura dispensata per qualsiasi dettaglio, nonché la tanta passione coltivata da una famiglia da diverse generazioni. Ma qual è il vero ingrediente segreto che porta a fare di un buon distillato, un grande distillato?”
Anna: “Un grande distillato non può esistere senza una grande materia prima: e questo è ancora più vero nel caso dell’acquavite d’uva, che non è certo un distillato costruito a posteriori con l’invecchiamento. I profumi delle uve di origine sono irripetibili e irriproducibili, di conseguenza, senza una materia prima di eccellenza assoluta non si avrà mai un grande distillato…”
Andrea: “Il vero segreto è l’immaginazione! E’ riuscire a cogliere le sfumature che mi emozionano in un frutto, in un territorio o in una storia per poi riuscire a concentrarle in una gocciolina trasparente! Una grande acquavite nasce nella testa del distillatore!”
Domanda: “Voi siete l’ultima generazione di una famiglia che ha ormai posto le radici in quel di Gaiarine facendolo diventare, in questi ultimi decenni, una sorta di ombelico del Mondo della distillazione. Almeno per quanto riguarda i distillati d’uva. Ma per qualche secondo, vi diamo l’opportunità di scegliere un vostro luogo prediletto… Date fondo alla vostra fantasia… dove vi piacerebbe operare se non esistesse la vostra azienda ?”
Anna: “Di questo lavoro, la sperimentazione con la frutta è sicuramente la parte che mi piace di più, quindi trascinerei volentieri un alambicco in mezzo a un frutteto, magari in Alsazia…”
Andrea: “Prime Uve nasce in Veneto… profuma di Prosecco… è troppo radicata al suo territorio per poterla produrre da un’altra parte, ma sono affascinato dai distillati di frutta tedeschi e austriaci, per cui mi piacerebbe pensare ad una distilleria da quelle parti.”
Domanda: “Anna, qual è il più grande pregio di tuo fratello Andrea?
Anna: “Un pregio di Andrea? Come faccio ad essere obiettiva sulla persona con cui ho condiviso tutta la fanciullezza, marachelle incluse?? Ad ogni modo, uno dei suoi pregi è senz’altro la curiosità e il desiderio di scoprire sempre cose nuove.”
Domanda: “Andrea, e quello di tua sorella Anna?”
Andrea: “Il suo miglior pregio è quello di non spaventarsi mai di fronte ad una difficoltà e di trovare la strada per raggiungere il suo obiettivo.”
Domanda: “Anna, adesso vogliamo sapere invece qual è il peggiore difetto di Andrea…”
Anna: “Difetti non ne ha. Beh, forse uno: è un po’ logorroico… (Andrea, perdonami!!!)”
Domanda: “Andrea, hai la possibilità di vendicarti… qual è il peggiore difetto di tua sorella?”
Andrea: “A volte, non la sopporto quando finge di essere ingenua, poiché lo fa per vedere le reazioni di chi la circonda!”
Domanda: “Anna, c’è qualcosa che invidi a tuo fratello?”
Anna: “Il suo naso e il suo palato”
Domanda: “Andrea?”
Andrea: “Anna è una persona estremamente brillante, in grado di essere a suo agio in tutti gli ambienti. Mentre io invece, tendo ad emozionarmi un po’.”
Domanda:”Nell’ambito del mondo dei distillati, esiste una figura di riferimento al di fuori della vostra azienda?”
Anna: “Ce ne sarebbero molte… ma per simpatia dico Christian Drouin, mi piace tantissimo il loro Calvados.”
Andrea: “Certamente, se ami il tuo lavoro apprezzi anche tutti quelli che lo fanno bene! Infatti, sono tanti i distillatori che stimo… Delamain in Francia per la serietà e lo stile dei suoi cognac, Gourmel per la sua originalità, Augustus Rex a Brema per la cura in fermentazione, Rochelt in Austria per la maestosità dei profumi. In Italia penso a Domenis per la capacità di trovare un equilibrio in distillati per certi versi estremi, a Capovilla per la maniacale artigianalità delle sue scelte. Ma un pensiero va anche ai molti amici/colleghi con cui condivido questa enorme passione.”
Domanda: “Il vostro sogno nel cassetto a livello professionale?”
Anna: “Occupandomi di comunicazione, dopo tanti anni comincio a sospettare che sia una sorta di sogno, quello di riuscire finalmente a far capire ai consumatori, le differenze tra grappa e acquavite d’uva. Nonostante le tante energie spese, sembra esserci ancora troppa confusione…”
Andrea: “Diciamo che se ho qualche idea non mi piace chiuderla in un cassetto, la preferisco sul tavolo di lavoro!!!”
Domanda: “Secondo voi, esiste la globalizzazione anche nel mondo dei distillati?”
Anna: “Se per globalizzazione intendi il fatto che alcune aziende hanno rinunciato a prodotti dalle marcate caratteristiche geografiche e culturali, allora, temo di sì… penso che in parte esista. Forse, meno che in altri settori, ma esiste… Ci sono alcuni distillatori, che per andare incontro a esigenze di facilità commerciale, hanno trovato più semplice percorrere la strada di vendere prodotti “costruiti”, con lo scopo di piacere ad un vasto pubblico, anche se questo implicava mettere da parte terroir e stili di distillazione tipici… “
Andrea: “Per come la vedo io no, un distillato ha senso se esprime la sua origine, sia come materia prima sia come territorialità. Ma soprattutto se evoca delle emozioni. Se gli togliamo questo, rimane solo alcool!”
Domanda: “C’è una domanda in particolare che non vorresti mai che ti fosse posta in una intervista?”
Anna: “Mica te la dico, altrimenti poi dopo me la fai”
Andrea: “Odio quando mi chiedono un parere su un produttore in particolare, specialmente se non è tra quelli che mi piacciono!”
Domanda: “Bene, adesso provate a dare una risposta…”
Anna: “Haaaa!!! Visto????”
Andrea: “Non ci penso neanche!!!”
Domanda: “Anna, c’è una domanda invece che non hai mai avuto il coraggio di fare ad Andrea?”
Anna: “Parliamo di tutto, quindi direi di no. Semmai, lavorando insieme costantemente, e avendo una conoscenza così profonda di ogni espressione del volto uno dell’altra ti posso dire che ci sono state occasioni in cui le domande tra di noi non sono state pronunciate verbalmente. Ma perché non serviva.”
Domanda: “Andrea?”
Andrea: “Si, molti sanno che Anna è accanita tifosa juventina e mi piacerebbe sapere cosa ne pensa di un paio di squadre di calcio… Non ho mai osato a chiedere… Anche perché mi mancherebbe praticamente il tempo. Non posso stare seduto una settimana intera per sentirla parlare!”
Domanda: “Parliamo di vini adesso… un bianco ed un rosso da portare sull’isola deserta.”
Anna: “Qui sono tentata di chiedere l’aiuto della telefonata a casa… (Il marito di Anna è il famoso sommelier Federico Graziani – nd’EC) visto che sono poco preparata in materia. Preferisco farne un uso diverso del mosto d’uva… Ma va bene, ti rispondo lo stesso… Mi butto e ti menziono due vini che adoro: Uno è la Vendemmia Tardiva di Capichera (dando per scontata la facilità di procacciarmi dei gamberi crudi nel mare circostante l’isola) e come seconda, una bottiglia di Vosne Romanée. Possibilmente vecchia… ma non troppo, poiché prevedo già di non avere con me il cavatappi a lame. Non che cambi qualcosa il fatto di avercelo o non avercelo, perché la verità è che non lo so usare!!! Ne basta già uno in famiglia!”
Andrea: “Non posso portare una carta dei vini??? No??? Dai… scherzo! Penso che sceglierei il Cartizze Brut di Silvano Follador per ritrovare i profumi delle mie colline e, per le giornate di pioggia in cui non si può uscire dalla capanna, qualche vecchia bottiglia di Quintarelli, così da passare ore intere a sentire come cambiano i profumi nel bicchiere…o magari nella noce di cocco!”
La nostra visita prosegue ed entriamo nella “barricaia”, dove riposano i preziosi distillati d’uva e le grappe.
Altra particolarità riguarda proprio l’utilizzo di queste botti. Per l’affinamento delle grappe, sono utilizzate le medesime barriques del produttore che ha fornito quelle stesse vinacce. Tanto per intenderci… le grappe ottenute dalla distillazione delle vinacce di Sagrantino di Montefalco di Caprai, sono fatte maturare negli stessi fusti che hanno ospitato il medesimo vino dell’azienda. Questo per dare la continuità qualitativa e di riconoscibilità di un determinato prodotto.
Punto strategico e fondamentale nella visita a questa distilleria, è la famosa sala che ospita ogni genere di alambicco storico. Una sorta di museo della distillazione. Che va dal rudimentale contenitore del latte con un ancor più primitivo collo di cigno, passando da un alambicco su ruote per terminare con un vero e proprio alambicco charentais…
Anna e Andrea definiscono questa sala come la “stanza dei giochi di nostro padre Italo”…
E poi ci sono anche i “giocattoli” dei ragazzi della distilleria…
E la visita termina nella sala degustazione.
Ma prima di congedarci, avremo da fare un’ultima domanda…
“Concludiamo con il consueto spot… Fingi per un attimo, di essere chiamato a fare da testimonial alla distilleria Bonaventura Maschio. Ti diamo poche righe a disposizione, per convincere i lettori di Altissimo Ceto a comprare un loro distillato. Ti suggeriamo quindi, di essere il più convincente possibile…”
Anna: “Dato che la parola d’ordine è “bere con moderazione”, facciamo in modo che i momenti in cui condividiamo qualche goccia di distillato con le persone a noi più care, siano davvero degli istanti preziosi. Che i profumi delle sue uve di origine, si mescolino ai nostri sorrisi… mentre la loro morbidezza e la delicata armonia, accarezzino i nostri visi…”
Andrea: “Ecco, lo sapevo…questa è la seconda domanda che non vorrei mi venisse posta, quella brava con le parole è l’Anna!!! Io vorrei solo che prendeste un po’ di tempo, versaste qualche goccia di acquavite d’uva nel bicchiere e provaste a lasciarvi cullare dai profumi di mosto che si liberano nell’aria…è una cosa bellissima!”
Contatti:
Distilleria Bonaventura Maschio srl
Via Vizza, 6 – 31018 Gaiarine (TV) Italia
Tel.: +39.0434.756611
Fax: +39.0434.758678
E-mail: info@primeuve.com
Web: www.primeuve.com
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