Ci siamo… Giornata Internazionale delle Cucine Italiane (IDIC – International day of Italian Cuisines). Il pesto genovese, uno dei piatti italiani più contraffatti nel mondo, ne è il protagonista. In questa giornata migliaia di cuochi, ristoratori e food lover in tutto il mondo prepareranno tutti insieme (noi compresi) pasta con il pesto genovese secondo la ricetta autentica. Sarà una ideale gigantesca ola che correrà lungo i fusi orari di tutti i continenti.
Giunta alla sua quarta edizione la IDIC è promossa dal network itchefs-GVCI (www.itchefsgvci.com), oltre 1200 cuochi e culinary professional che lavorano in 70 paesi del mondo. È una mobilitazione di base per dire no ai taroccamenti ai quali la cucina italiana e i prodotti alimentari made in Italy sono sottoposti in tutto il mondo. “È anche una maniera per promuovere cuochi e ristoratori di cucina italiana che nel mondo si battono per la sua autenticitá”, dice Rosario Scarpato, direttore della IDIC 2011 e co-fondatore del GVCI. “L’appello ad aderire alla IDIC è rivolto a tutti: a qualunque cuoco o ristoratore di cucina italiana, a qualunque latitudine o semplicemente a chiunque semplicemente ami il mangiare bene”, dice Mario Caramella, chef patron al Ristorante Forlino di Singapore e Presidente del GVCI.
Clicca qui per vedere la mappa della ola globale del pesto alla genovese.
L’edizione 2011 della IDIC è stata presentata contemporaneamente a New York City e a Genova il 13 gennaio. A Genova nella sede della Regione Liguria si è tenuta una conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, presieduta da Giovanni Barbagallo, Assessore all’agricoltura, entusiasta sostenitore del Pesto Genovese Day. La Regione Liguria ha un ruolo da protagonista in questa celebrazione, basata sulla convinzione che attraverso la tutela dei prodotti del territorio si promuove un intero sistema, come testimonia, per esempio, l’organizzazione di Slow Fish ogni due anni a Genova.
A New York, la regia del lancio IDIC è stata nelle mani dell’Italian Culinary Academy di Cesare Casella, leader di itchefs-GVCI negli USA. Talentuosi chef – capeggiati da Massimilano Alajmo, tre stelle Michelin, del Ristorante Le Calandre (Rubano – PD)
Un evento simultaneo si è tenuto a Singapore in una cena al Ristorante Forlino dove ha cucinato Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena), ospite dello chef patron Mario Caramella. Al lancio della IDIC a New York è intervenuto anche lo chef Andrea della Gatta, Presidente del Consorzio Pesto Genovese.
Massimo Bottura, Chef/Patron dell’Osteria La francescana.
Oltre alla ola globale del pesto genovese si terranno anche le gare di qualificazione del Campionato Mondiale del Pesto nel mortaio, nel corso di manifestazioni speciali in varie città del mondo organizzate da associati al network itchefs-gvci: Pietro Rongoni (Aromi italiani) a Mosca, Elena Ruocco e Francesco Carli a Rio De Janeiro (Copacabana Palace Hotel) che ospiteranno il cuoco ligure Claudio Pasquarelli (Ristrante Claudio, Bergeggi), Giulio Vierci a Sapporo e Donato De Santis (Cucina Paradiso) a Buenos Aires. Le finali del Pesto Championship si tengono a Genova ogni due anni e sono organizzate dall’Associazione Palatifini che fa capo a Roberto Panizza e Sergio di Paolo.
Gli Oscar della cucina Italiana nel mondo 2010
La missione degli Oscar della cucina Italiana nel mondo (Italian Cuisine Worldwide Awards) è di onorare quei singoli individui che hanno dato un contributo eccezionale all’introduzione, diffusione e salvaguardia della cultura del cibo e vino italiani, nei Paesi in cui risiedono o in un contesto globale. I Premi, promossi da itchefs-gvci.com, sono assegnati ogni anno a chef, scrittori, giornalisti ed uomini d’affari, per il lavoro svolto l’anno anteriore o durante le loro intere carriere. I candidati ai Premi vengono nominati in seguito ad un lungo sondaggio tra gli oltre 1000 membri del GVCI (Gruppo Virtuali Chef Italiani) e selezionati da una giuria internazionale di professionisti, che comprende il Presidente ed il Consiglio del GVCI. Alcuni premi vengono assegnati a professionisti italiani che si sono distinti per il lavoro eccezionale che hanno svolto nel settore culinario ed alberghiero, trovandosi fuori dall’Italia.
ICWA PER I CONTRIBUTI APPORTATI NEL 2009
LIDIA BASTIANICH, New York, STATI UNITI
JAMIE OLIVER, Londra, REGNO UNITO
ROLAND SCHULLER, HONG KONG
MAURIZIO UGGÉ, Melbourne, AUSTRALIA
ICWA PER I CONTRIBUTI APPORTATI DURANTE LA LORO CARRIERA
FRANCESCO CRISANTE, Caracas, VENEZUELA
GIACOMO GALLINA, Milano, ITALIA
ROGERIO FASANO, São Paulo, BRASILE
ONNO KLEYN, PAESI BASSI
GIORGIO LOCATELLI, Londra, REGNO UNITO
GIROLAMO PANZETTA (Giro-san), Tokyo, GIAPPONE
ICWA – PREMIO ALLA CARRIERA
NORBERT KOSTNER, Bangkok, TAILANDIA
SIRIO MACCIONI, New York, STATI UNITI
CHEF DELL’ANNO – 2010 GVCI
GIANFELICE GUERINI, Chef del team Ferrari – Formula 1
Pesto Genovese: Emblema della Grande Cucina Italiana nel Mondo di Rosario Scarpato dal sito del GVCI
Non c’è nessun dubbio: tra le salse crude è la più amata al mondo. E, nella categoria, è famoso quanto la maionese, se non di più. Parliamo del pesto, dell’unico vero pesto: quello genovese (non “alla genovese”). Basilico, aglio, pinoli, Parmigiano Reggiano o Grana Padano e pecorino, olio e qualche granello di sale marino. Tutte le altre varianti diffusesi in giro per il mondo sono solo malriusciti taroccamenti o aberrazioni dell’originale. Il pesto rimane caposaldo intramontabile e simbolo contemporaneo della cucina italiana nel mondo. Per condire la pasta solo la salsa di pomodoro è più usata.
In nome del mortaio e pestello
La voce pesto, ancora nel 1876, veniva presentata da Giovanni Casaccia, nel suo dizionario genovese italiano, come autoctona di Genova. La parola viene da pestare: battere qualcosa con un pestello per ridurlo in polvere, in poltiglia o in strati più sottili. Per questo il Pesto è conosciuto anche come “battuto genovese”. Da pestare deriva anche il pestello (pestillium in latino) che insieme al mortaio sono gli utensili tradizionali per fare questa salsa. Pestello di legno, duro e compatto, come quello di bosso o di pero, e mortaio di marmo bianco di Carrara non levigato all’interno. La parola mortaio viene invece dal latino mortarium, recipiente dove sminuzzare ingredienti, storicamente usato anche in farmacia. Nella protocucina di molti popoli del mondo ci sono utensili simili, benché fatti di materiali differenti come il molcajete e il metate nell’America centrale o il suribachi giapponese.
Gli avi: moretum e agliata
Il pesto genovese discende probabilmente dal moretum degli antichi romani, una pasta verde ottenuta con formaggio, aglio e erbe, la cui preparazione è descritta peraltro in un poemetto attribuito a Virgilio. Il pesto, come lo conosciamo oggi, non era ancora diffuso ai tempi di Cristoforo Colombo (1451 -1506), il ligure più famoso nel mondo. C’era però in Italia durante il Medioevo, una salsa “plebea” che si può considerare antenata, in qualche maniera, del pesto. Era l’agliata, un battutto di noci e, appunto, aglio, il quale ha avuto per secoli un posto cruciale nell’alimentazione di genovesi e liguri, soprattutto di quelli che andavano per mare. Che poi erano tanti perché Genova e la Liguria hanno antichissime tradizioni marinare. Gli uomini di mare ne ingerivano grandi quantità perché pensavano di prevenire così malattie e contagi durante le lunghe navigazioni in condizioni di alta precarietà igienica.
Prime ricette
Menzioni di battuto d’aglio sono state rinvenute in documenti della città di Genova del XVII secolo, mentre le ricette di pesto vero e proprio iniziano ad apparire solo nel XIX secolo. Poco prima della metà del secolo appaiono ricette che non contemplano pinoli e nel 1863 Giovanni Battista Ratto pubblica “La Cuciniera Genovese”, ritenuto il primo e più completo libro sulla gastronomia del territorio ligure, nel quale la ricetta del pesto – con i pinoli – è la seguente: “Prendete uno spicchio d’aglio, basilico (baxaicö) o in mancanza di questo maggiorana e prezzemolo, formaggio olandese e parmigiano grattugiati e mescolati insieme a dei pignoli e pestate il tutto in mortaio con poco burro finché sia ridotto in pasta. Scioglietelo quindi con olio fine in abbondanza. Con questo battuto si condiscono le lasagne e i gnocchi (trofie), unendovi un po’ di acqua calda senza sale per renderlo più liquido”.
Non deve sorprendere la presenza del burro (poco) e soprattutto del formaggio d’Olanda al posto del pecorino. Prima di tutto perché varie ricette del tempo parlavano solo di generico “cacio” e poi perché il Gouda era diffuso a Genova per via dei commerci marittimi con i paesi del Nord Europa. Inoltre, poiché anche la differenziazione tra Parmigiano Reggiano e Grana Padano è stata accentuata solo in tempi relativamente recenti, è molto probabile che fino all’istituzione dei reciproci consorzi (anni 50 del Novecento), il formaggio “tipo grana” (oggi è proibito usare questa espressione) che si usava nel pesto fosse indifferentemente l’uno o l’altro. Il prezzemolo o la maggiorana come alternativa al basilico sono una concessione che si giustifica con il fatto che allora in Liguria, dove pur questa erba aromatica originaria dell’India abbondava, la si trovava solo in stagione.
Pesto genovese. Per la pasta!
Nella ricetta di Ratto il pesto comunque è presentato inequivocabilmente come salsa per condire la pasta. Le lasagne, ma soprattutto le troffie o trofie, che in Liguria sono gnocchi allungati e attorcigliati, con le estremità a punta e più grossi al centro. Da non confondersi con le trofiette che sono più piccole e che in verità sono le più usate con il pesto. Le trofie impastate con la farina bianca sono una specialità del comune di Recco in provincia di Genova, lo stesso che ha dato i natali alla famosa focaccia. Le trofie e le trofiette – ce n’è una variante anche con farina di castagne – sono dunque pasta fresca, fatta a mano. Genova da sempre è però anche una capitale italiana della produzione di pasta secca di grano duro. Già nel 1279 (quando Marco Polo era ancora in Cina) il genovese Ponzio Bastone lasciava in eredità ai suoi figli una bariscela de macaronis, una cesta di pasta secca. Il pesto genovese non poteva non inglobare questa tradizione, così la variante del pesto con pasta secca sono le trenette (o trinette), un formato simile alle mafalde, più sottile delle linguine e delle fettuccine.
Variazioni in corso
Nell’Ottocento la pasta al pesto era considerata un cibo popolare e la ricetta di quel periodo è rimasta sostanzialmente la stessa. C’era inoltre – e c’è tuttora – in Liguria l’usanza di aggiungere patate, fave o fagiolini, a volte anche zucchine tagliate a pezzetti, cotti insieme alla pasta. A Genova in particolare si aggiungono patate e fagiolini alle trenette classiche o avvantaggiate, ovvero quelle fatte con farina integrale, o alle trofiette. Le interpretazioni comunque non sono univoche, infatti per alcuni “avvantaggiate” sono le trenette alle quali si aggiunge la verdura. Come pure c’è una scuola di pensiero che esclude categoricamente l’aggiunta di patate alle trofie. In generale si dice che in Liguria è difficile trovare due pesti uguali, a causa delle varianti, a volte addirittura familiari, come l’aggiunta di noci, ricotta o altri formaggi. Questo succede per vari piatti tipici italiani, molti dei quali hanno “terminato” la loro evoluzione proprio negli ultimi decenni. O addirittura l’hanno ancora in corso. Nella cucina italiana, le variazioni di un piatto non solo rappresentano la ricchezza della diversità, ma spesso sono anche una legittimazione indiretta della versione generalmente accetatta.
Pesto maleducato
È molto probabile che, come scrive nel 1973 Giuseppe Gavotti nel suo “Cucina e vini di Liguria”, il pesto originario fosse “maleducato”, ovvero, che avesse molto aglio. Nel 1965 lo aveva fatto notare anche il grande gastronomo Massimo Alberini ne “I Liguri a Tavola – Itinerario gastronomico da Nizza a Lerici”, rilevando che le ricette ottocentesche del pesto fossero piuttosto avare di basilico (qualche foglia) e abbondassero invece con l’aglio (tre o quattro spicchi). C’entrava sicuramente il gusto arabo-persiano che dominò le salse di Genova dal Medioevo all’Ottocento. Ma non va dimenticata, come abbiamo visto, la predilezione e la “necessità” degli uomini di mare liguri per l’aglio, ritenuto quasi una medicina. Indubbiamente il pesto di oggi è molto più “educato” ed equilibrato, con una presenza ridotta dell’aglio e una molto più marcata del basilico – di preferenza quello ligure, ideale quello della collina genovese di Pra, a foglia lunga e sottile.
Ingedienti DOP, quando è possibile
Sempre Alberini nello stesso scritto esaltava il ruolo dell’olio nella ricetta, che non deve essere troppo fruttato, né amaro. Gli oli extra vergine di oliva liguri sono per questo ideali. Al pari del basilico genovese l’olio extravergine di oliva della Riviera Ligure ha ottenuto la D.O.P. da parte dell’Unione Europea, a riconoscimento della sua qualità e tipicità. Per un pesto che faccia onore al suo territorio di origine vanno usati l’aglio di Vessalico, in provincia di Imperia, dal gusto delicato e particolarmente digeribile, i pinoli italiani e il sale grosso delle saline di Cervia. È ovvio che fuori dall’Italia non è sempre possibile trovare tutti questi ingredienti autoctoni. La produzione di pinoli italiani, per esempio, è caduta notevolmente negli ultimi anni a causa della processionaria, devastante parassita del pino da pinolo. Per questo per preparare un pesto autentico il minimo requisito indispensabile è avere ingredienti comunque di qualità e attenersi alla ricetta originale.
Più facili da reperire in giro per il mondo sono il Grana Padano o Parmigiano Reggiano e sono consigliati quelli ben maturi. Relativamente facile da reperire il pecorino, a partire da quello Romano che alcuni giudicano un poco aggressivo, al Fiore Sardo, ideale quello invecchiato sei mesi.
Consorzio del Pesto Genovese e Pesto Championship
A Genova opera il Consorzio del Pesto genovese promosso dalla Regione Liguria e da associazioni di produttori. La sua missione, come spiega il Presidente Andrea Della Gatta, cuoco e proprietario della Trattoria Andrea a Genova, è “tutelare la ricetta tradizionale del pesto, con tutti i suoi ingredienti di qualità e in primis l’utilizzo del basilico, ovviamente ligure”. Il Consorzio ha presentato domanda per ottenere il marchio di qualità STG (Specialità Tradizionale Garantita) per il Pesto. Sempre a Genova l’Associazione Palatifini, animata da Sergio e Sara di Paolo e da Roberto Panizza, organizza ogni due anni a Genova il Campionato Mondiale di Pesto Genovese al Mortaio per ribadirne l’impronta ligure e la sua universalità come alimento di qualità e di gusto. L’iniziativa di Palatifini è particolarmente lodevole perché il mortaio e il pestello hanno ceduto il passo, sia a livello domestico che professionale, al mixer. Un errore dal punto di vista gastronomico perché, come fa notare lo chef Enrico Tournier: “Utilizzando il classico mortaio e pestello assoggettiamo lo strumento al prodotto rispettando le giuste proporzioni degli ingredienti, perché siamo noi a decidere la proporzione delle dosi. Usando invece un mixer, per riuscire a tagliare il basilico dobbiamo aggiungere più olio del necessario, alterando le dosi e quindi abbiamo assoggettato il prodotto allo strumento”.
Il pesto genovese nel mondo
Il pesto ha raggiunto una grande popolarità nel mondo anche grazie agli equipaggi delle navi mercantili o passeggeri che dal porto di Genova salpavano per le destinazioni più varie. Il pesto diventò di casa a La Boca, il quartiere “genovese” di Buenos Aires, e iniziò a diffondersi nelle città portuali degli Stati Uniti. Subito dopo la Seconda guerra mondiale alcune ditte iniziarono a esportare pesto in barattolo verso gli USA e sempre in quel periodo apparvero le prime ricette nei giornali americani. Secondo varie fonti il pesto raggiunge la sua massima popolarità negli Stati Uniti, negli anni Ottanta del secolo scorso. All’inizio dei Novanta la popolarità fu ancora maggiore quando Frank Sinatra iniziò a commercailizzare una salsa di pesto che aveva la sua faccia sull’etichetta. Iniziarono anche i taroccamenti con i supermercati invasi da copie approssimative dell’originale. Intanto però il pesto aveva anche molto successo nei ristoranti italiani in giro per il mondo, dove a inserirlo nel menu erano ristoratori o cuochi italiani e liguri, che eseguivano il piatto secondo la ricetta originale. Zeffirino fu senz’altro il pioniere di questa generazione. Oggi la pasta con il pesto (trenette, trofie, gnocchi o lasagne) è tra i piatti più conosciuti della cucina italiana nel mondo contemporaneo.
Come preparare e servire il pesto nella maniera tradizionale di Mario Caramella, Presidente GVCI
Preparare il pesto secondo la ricetta pubblicata e servirlo nella maniera tradizonale. Trofie e Trenette sono i tipi di pasta usati in Liguria, ma linguine o spaghetti al dente si accompagnano bene a questa salsa, come gli gnocchi di patate. Il Pesto come salsa per inzuppare il pane non è certamente la maniera tradizionale di servirlo. Come non lo è il mescolarlo ad altre salse. La maniera naturale per servire il pesto è con la pasta, nella cui acqua sono cotti anche fagiolini e patate a cubetti e a cottura avvenuti, scolati e mescolati al pesto, come un’insalata (lontano dai fornelli) in una zuppiera di ceramica. Una cucchiaiata di pesto sciolta nel minestrone (senza salsa di pomodoro) rende squisito il piatto.
Non cuocete il pesto!
Nella mia ricetta qui sotto ho modificato alcune cose e ne ho eliminate altre. Per esempio io non tosto i pinoli e non offro una scelta tra noci e pinoli. Inoltre io preferisco un Parmigiano Reggiano o un Grana Padano giovani ed eliminare il Pecorino. Le ragioni di queste modifiche sono dettate certamente dai mie gusti personali, ma anche e soprattutto perché è necessario offrire ai colleghi non Italiani (e noi che lavoriamo all’estero sappiamo quanto questo sia importante) una direzione chiara. Onestamente, mischiare due grandi formaggi come il Pecorino e il Parmigiano o il Grana Padano non è una buona maniera di esaltare le doti di entrambi.
Probabilmente questa ricetta provocherà qualche controversia però alla luce della mia esperienza è una ricetta che secondo me rispetta la tradizione e allo stesso tempo dà direttive chiare e offre a chiunque, in qualunque parte del mondo, di preparare un grande e squisito pesto.
Utensili essenziali
1 mortaio di marmo
1 pestello di legno
Ingredienti
– 100 gr di foglioline di basilico genovese DOP fresco. Se ci sono problemi a importare il basilico genovese DOP che garantisce l’alta qualità del sapore, usare il basilico locale, ma fare attenzione che non sia troppo pungente e decisamente non di quella varietà che sa di menta
– 30 gr. di pinoli (i siciliani sono i migliori, ma anche in California ce ne sono di grande qualità)
– 60 gr Parmigiano Reggiano o Grana Padano stagionati, appena grattugiato
– 2 spicchi d’aglio (di Vassalico – Imperia, se si trovano). Ideale è l’aglio di Vassalico in provincia d’Imperia, ma se non si trova usare l’aglio locale. Fare attenzione che non sia o pre-pelato o fermentato altrimenti invece di un pesto genovese si avrà un keem chee coreano. Comprate l’aglio e pelatelo immediatamente prima di usarlo
– 10 gr di sale grosso (Maldon)
– 80 cl. Olio Extra Vergine di Oliva Riviera Ligure DOP, famoso per la sua “dolcezza”
Metodo
Lavare le foglie di basilico in acqua fredda e asciugatele con carta da cucina senza stroppicciarle.
Pestate nel mortaio le foglie di basilico, gli spicchi d’aglio e i pinoli, aggiungete il sale e il formaggio. Continuate a pestare facendo un movimento circolare con il pestello. Aggiungete l’olio extravergine di oliva un poco alla volta e continuate a pestare e mescolare fino a ottenere una crema soffice e fine. Il pesto non deve risultare oleoso e la quantità di olio deve essere bene amalgamata alla pasta ottenuta nel mortaio.
La preparazione deve avvenire nel più breve tempo possibile per evitare l’ossidazione degli ingredienti.
A questo punto avete ottenuto più o meno 300 gr. di pesto che sono più che sufficienti per condire 6/8 porzioni di Trenette.
La mia maniera preferita di gustare il pesto di Mario Caramella
Trenette al Pesto Genovese con patate e fagiolini (4 porzioni)
Ingredienti
280 gr. trenette
160 gr. pesto genovese
160 gr. fagiolini freschi
160 gr. patate tagliate a cubetti
20 gr. pinoli
Grana Padano appena grattugiato
Olio Extravergine d’Oliva Riviera Ligure DOP
Metodo
Tagliare le patate a brunoise e lavarle in acqua corrente. Tagliare le punte dei fagiolini ed eliminare i filamenti laterali, tagliarli a metà. Preparare una pentola di acqua bollente e cuocere le trenette con i fagiolini e le patate fino a che la pasta è al dente. La verdure sarà cotta allo stesso tempo.
Preparare un bowl di ceramica caldo e grande abbastanza da contenere gli ingredienti e permettere di mescolarli senza difficoltà. Mettere la metà del pesto nel fondo del contenitore, aggiungere due cucchiaiate di acqua di cottura e mescolare. Fare lo stesso con l’altra metà della salsa e tenerla da parte.
Scolare la pasta, i fagiolini e le patate. Versare gli ingredienti nel contenitore di ceramica, aggiungere il resto del pesto e mescolare, aggiungendo ancora un poco di formaggio. Sistemare le Trenette in quattro piatti o scodelle da pasta e decorare con pinoli e qualche goccia di olio d’oliva.
Pigato d’Albenga è il vino che raccomando.
Viaggiatore Gourmet
Il programma completo degli eventi e la cartina della ola globale nel mondo, con i suoi protagonisti, su www.itchefs-gvci.com
Per ulteriori informazioni: www.itchefs-gvci.com/IDIC2011
Rosario Scarpato: rosario.scarpato@itchefs-gvci.com
Breaking News – Eventi Enogastronomici esclusivi. (Media Partner) Sponsored By Amici Gourmet – Network esclusivo di appassionati Gourmet.
Sei un appassionato Gourmet ? Un addetto ai lavori ? Un semplice nostro affezionato lettore ? E non sei ancora titolare della Nostra Card esclusiva Viaggiatore Gourmet ? Sostieni anche tu la nostra Guida Online Indipendente dedicata alle eccellenze, e in cambio ricevi coccole e privilegi scopri come… QUI. Ti aspettiamo!