Articolo a cura di Ivano Antonini-EnoCentrico.
Intervista Doppia Esclusiva (prima parte) – Fabrizio e Laura Bianchi – Castello di Monsanto
I due attori protagonisti di questa nostra intervista doppia, sono Fabrizio e Laura Bianchi, rispettivamente padre e figlia, titolari di una delle più interessanti realtà storiche del Chianti Classico. A testimoniarlo sono le voci dei personaggi stessi in questione, la bellezza dei luoghi e dei vigneti che abbiamo fotografato, nonché un lungo “viaggio” tra 11 millesimi, di vini emozionanti che ci hanno visti magnifici interpreti di una storia che ci ha spinti fino al millesimo 1975. Tutti in splendida forma. Come lo è Fabrizio. Come lo è Laura. E come lo erano le nostre papille pronti a degustarli. E a questo appuntamento così importante, c’era tutto il VG team. Al gran completo.
Intervista Doppia Esclusiva (seconda parte)-Fabrizio e Laura Bianchi-Castello di Monsanto
Bastano queste prime foto a confermare il coraggio e la volontà di un mio conterraneo, il varesino Fabrizio Bianchi, quando nei primi anni ’60 è stato spinto ad acquistare questa tenuta per passare i suoi momenti di vacanza e di riposo. Solo perché da queste magnifiche terrazze (così dice lui…) si vede San Gimignano? Noi crediamo di no. C’era sicuramente qualcosa di molto più profondo, più naturale e di più sentimentale. Prima di tutto l’innamoramento di questi luoghi che ti colpisce a prima vista. Poi un amore, ancora più profondo e maledettamente nascosto, verso il Sangiovese, quello un po’ rustico, quello sentimentalista nell’anima, quello comunicatore di un terroir. Quello vero. Quello con i tutti i pregi ed i difetti che possono generare le caratteristiche di un millesimo piuttosto che un altro o perché prodotti dalle mani ancora inesperte di una persona che nulla sapeva di vino prima d’ora e che con la cocciutaggine tipica di Fabrizio, non si è voluto sottoporre ad aiuti di enologi consulenti. Fabrizio non è solo un testardo, come simpaticamente viene definito da sua figlia Laura, ma è persona determinata. E mantenendo caratteri e stili un po’ all’ancienne, si volle dilettare su più fronti ed essere il precursore di molte scelte che viste oggi sembrerebbero più che logiche, ma che certamente all’epoca suscitarono non poche perplessità.
Il 1962 è l’anno di partenza di questa grande avventura e si vendemmiò per la prima volta a Monsanto. Dal vigneto fotografato qui sotto, denominato Il Poggio, per via la sua particolare conformazione e per la sua posizione, fu fatta una raccolta selezionata e separata delle uve per destinarle ad una esclusiva vinificazione staccandola da tutto il resto. Il territorio del Chianti Classico vede quindi la nascita del primo “cru” della sua storia.
Questo fatto non sembrerebbe accontentare completamente le volontà del “patron” che, nei sei anni successivi, si pose ancora domande sui vantaggi sull’utilità di impiegare le uve bianche nell’uvaggio del Chianti e chiedendosi se fosse ancora efficace ed obbligatorio, continuare a praticare il parziale appassimento delle uve, detto Governo alla Toscana, come voleva il buon Barone Ricasoli. Si partì dunque ad impiegare solo uve di Canaiolo e Colorino unitamente al principe Sangiovese e furono introdotte, anche in questo caso per la prima volta nel territorio, l’uso delle vasche inox per le fermentazioni a temperature controllate. Arriviamo così al millesimo 1974, che vide la nascita del primo vino aziendale ottenuto da uve di Sangiovese in purezza, provenienti dal Vigneto Scanni, e che orgogliamente porterà per sempre in etichetta il nome del suo “creatore”. Non solo. In quell’anno Fabrizio decise di piantare anche viti di Chardonnay nel vigneto Valdigallo, pronte a dare invece i suoi primi risultati a partire dal millesimo 1980.
La superficie totale del possedimento raggiunge i 206 ettari in totale, dove 72 sono invece gli ettari dedicati alla vigna. Vigne piantate a 3.500 ceppi/ha per i vigneti più vecchi, mentre quelli impiantati recentemente hanno invece una densità di 6.600, tutti coltivati a cordone speronato o guyot. I terreni sono composti maggiormente da Galestro, mentre quelli sul versante sud e dove trova collocazione anche il vigneto Valdigallo sopra citato, sono composti invece da tufi.
Passiamo allo scorcio di una parte dei vigneti più prestigiosi.
Vigneto Novoli.
Vigneti San Ruffignano e Terre Rosse.
Vigneto Il Madonnino.
Entriamo nella bellissima cantina, dove la parte più moderna è stata costruita nel 1981…
L’introduzione delle vasche inox di fermentazione dalla forma tronco-conica si è avuta nel 1996 e Fabrizio ci confida che l’idea è stata “copiata” dai tini di fermentazione in legno di Bordeaux, ma aggiungendo il vantaggio di sfruttare i benefici delle temperature controllate. Tutte le fermentazioni alcoliche avvengono spontaneamente, quindi solo attraverso l’aiuto dei lieviti indigeni propri dell’uva.
Le antiche cantine del Castello datano però 1740…
Inutile dire che Fabrizio fu anche uno dei primi ad introdurre l’utilizzo delle barriques.
Questa invece è una delle parti della cantina più rilevante se vista dal punto di vista delle emozioni. Nel 1986, tre uomini con a capo il noto Giotto Cicionesi (menzionato più volte nel video), Mario Secci e Romolo Bartalesi, iniziarono i lavori per la costruzione delle maestose e suggestive gallerie del Castello dove, oltre alle numerose barriques, trovano spazio anche i loculi, dove annualmente vengono riposte parte delle produzioni annuali, come bagaglio storico. Proprio per dare vita a degustazioni emozionanti per profondità di millesimi, come quella che avremo modo di raccontarvi in seguito.
Anche a Monsanto possono testimoniarmi che il mio anno di nascita, non è considerato proprio un millesimo da ricordare…
Molto meglio quello del nostro “boss”…
C’è ancora qualche bottiglia, del primo anno di imbottigliamento.
Tutti i nipotini di Fabrizio, hanno diritto ad un loro spazio “personale” dove potranno conservare le bottiglie con il loro anno di nascita…
Ovviamente c’è qualcuno che dovrà ancora aspettare…
Prima di terminare il nostro tour, vogliamo dare menzione ad un’altra persona che è entrata di diritto nelle preferenze personali per l’importanza del suo lavoro. Si tratta dell’enologo Andrea Giovannini, da diversi anni prestigioso collaboratore.
Con questa nostra recensione e con l’intervista doppia ai protagonisti, magari non entreremo nella storia dei migliori ed influenti testimonial dell’azienda, così come lo è stato ad esempio Paul Newmann…
…ma almeno noi, i vini di Monsanto, li beviamo nei bicchieri! 🙂
Ed è quindi venuto il momento di procedere all’assaggio dei vini.
Bicchiereeeeee!
E’ il turno prima della degustazione verticale di tre annate di Chardonnay.
Toscana IGT Chardonnay – Fabrizio Bianchi
–Uvaggio: 100% Chardonnay
–Vigneto: Valdigallo (3,5 ha) posizionato a 260 mt s.l.m., esposto a nord-est
–Composizione del suolo: Tufi intercalati da leggere lische di argilla composte
–Rese per ettaro: 60 q.li
–Vinificazione: 50% in acciaio e 50% in barriques, assemblaggio dopo 6 mesi
–Affinamento in bottiglia: 3 mesi prima della commercializzazione
–Prima annata prodotta: 1980
Le note di degustazione:
16,5/20 – Toscana IGT Chardonnay Fabrizio Bianchi 2006
Se dovessimo prendere ad esempio del potenziale ancora inespresso dello Chardonnay coltivato a Monsanto, quella targata 2006 è la migliore conferma a sostegno di questa tesi. Vigneto piantato nel 1974 e prima annata prodotta nel 1980. Ma con questa 2006, si mette in evidenza quanto di buono è stato fatto in passato e quanto invece ci sarà da lavorare ancora. Da un certo punto di vista, la volontà di passare ai tonneaux per la parziale fermentazione dei vini ed il successivo affinamento, rimpiazzando dunque di fatto le barriques, è stata una chiara presa di posizione ed indicatrice di un segnale, non tanto rivolto ad un suggerimento sempre più forte che viene dato oggi dal mercato, mirata alla ricerca di vini più da fruttivendolo che da falegname, ma da una maggiore volontà nel tendere l’orecchio a quanto è in grado di comunicare il vino. Percezione che nel caso delle uve raccolte proprio nel vigneto Valdigallo, imprime una complessità molto minuziosa nei contenuti ed in grado più di sussurrare che di urlare. Quindi l’uso di botti dalla capacità più grande, con la conseguente diminuzione della superficie a contatto con il legno, porterà grande vantaggio alle generazioni future. Ed imprimere anche maggiore grinta alla sapidità gustativa che si riscontra in maniera decisa e determinata in questa 2006.
16-/20 – Toscana IGT Chardonnay Fabrizio Bianchi 2001
Giallo dorato pieno con lampi paglierini e luminoso nelle rifrazioni, denota una buona consistenza della massa, con lo scorrere nel bicchiere. Il naso è centrato su un frutto denso, paffuto e sazio nel suo calore di espressione con note che virano molto sul carattere esotico. Attorno a questo ombelico, troviamo richiami con principio di evoluzione con note di caramella mou, funghi porcini e muschio. Questa 2001 ha fatto fermentazione ed affinamento per metà in acciaio e la parte restante nelle barriques dalle classiche dimensioni. La bocca fa da canale di sfogo del calore percepito al naso, imprimendo volume, morbidezza, dove l’acidità rimane un po’ frenata nell’allungo.
16+++/20 – Toscana IGT Chardonnay Fabrizio Bianchi 1990
Già dal colore traspare un carattere arzillo e vitale, attraverso le sfumature luminose che fanno breccia in un colore che esprime tutto il suo bagaglio di esperienza acquisito con la lunga sosta in bottiglia, come il pensionato che non manca mai l’appuntamento in palestra. Il naso non offre cedimenti strutturali od ossidativi, ma solo un profilo di grande ampiezza che marca la sua evoluzione ma non è arruginito nella sostanza. Sfumature di miele di castagno, timo, maggiorana e finocchietto selvatico. Bocca matura, avvolgente e morbida, ma scorrevole grazie ad un’acidità che se lo prende a braccetto e lo accompagna fino alla porta di uscita. Senza bisogno del bastone di sostegno.
Ora il viaggio in otto annate di Sangiovese di Monsanto. Protagonisti della degustazione saranno la Riserva Il Poggio ed il Sangiovese Fabrizio Bianchi.
Chianti Classico Riserva Il Poggio
–Uvaggio: 90% Sangiovese, 10% di Canaiolo e Colorino
–Vigneto: Il Poggio (5,0 ha) posizionato a 310 mt s.l.m.
–Composizione del suolo: Galestro scistoso, composto da argille pietrificate e stratificate a filaretto, ricco di minerali
–Rese per ettaro: 60/65 q.li
–Vinificazione: in acciaio con macerazione di circa 25 gg.
–Affinamento in legno: 18 mesi in barriques di primo e secondo passaggio
–Affinamento in bottiglia: 12 mesi prima della commercializzazione
–Prima annata prodotta: 1962
Toscana IGT Sangiovese Fabrizio Bianchi
–Uvaggio: 100% Sangiovese
–Vigneto: Scanni (3,0 ha) posizionato a 300 mt s.l.m.
–Composizione del suolo: Galestro scistoso, composto da argille pietrificate e stratificate a filaretto, ricco di minerali
–Rese per ettaro: 60/65 q.li
–Vinificazione: in acciaio con macerazione di circa 20 gg.
–Affinamento in legno: 18 mesi in barriques di primo e secondo passaggio
–Affinamento in bottiglia: 12 mesi prima della commercializzazione
–Prima annata prodotta: 1974
Le note di degustazione:
18,5+/20 – Chianti Classico Riserva Il Poggio 2006
Altissimo Ceto
Il vino ha carattere, prestanza fisica, sostanza e dinamismo per entrare di diritto tra le migliori etichette aziendali di sempre, almeno per quanto riguarda la storia di questo cru. Quando si parla dei termini “vibrante” ed “emozionale” riferite al Sangiovese, ecco che il Poggio ’06 può essere preso come termine di paragone. Il profilo olfattivo è sicuramente in divenire, ci vorrà del tempo ( e la pazienza…) prima di riuscire ad inquadrarlo e trovare un’armonia in questa “tela” dove ora predominano solo (?) le tinte forti. Già, perché entriamo nella fase del: “buono oggi, grande domani”. Ciliegia marasca diretta, esplosiva e tranciante in apertura di naso, pronta a lasciare il suo spazio alle note di speziatura piccante, liquirizia e foglie di tabacco, con una dose massiccia di balsamicità a dare energia e freschezza al tutto. Al palato esplode questo tannino esuberante da bambino irrequieto, che corre e scalcia su tutto il palato, ma senza dare mai l’impressione di disturbare troppo o nell’essere fuori luogo. Lungo nel gusto, chiude con la consueta eleganza e finezza delle migliori annate del Poggio.
17/20 – Toscana IGT Fabrizio Bianchi 2001
Un vino che mostra la sua statura. Generoso e affidabile nell’approccio, ma con sfumature aromatiche un po’ sfuocate che peccano quindi leggermente in definizione. Appare anche un po’ “diluito” se messo in relazione alle aspettative dell’annata. Tutto comunque nei termini del grande vino, categoria a cui appartiene di diritto, ma messo un po’ in ombra nel paragone con gli altri vini, in questo excursus storico. Carattere aromatico in piena evoluzione, con sentori che ricordano da vicino le erbe aromatiche e le note suadenti e un po’ terrose dei funghi porcini. Bocca con entrata larga e voluminosa, riscaldata da una sensazione pseudo-calorica che dona morbidezza e velluto, ma che fa fatica a trovare quel legame di complicità con la venatura acida, dove quest’ultima riesce ad uscire sul finale, impreziosendolo, con un carattere sapido/minerale di grande rilievo.
18-/20 – Toscana IGT Fabrizio Bianchi 1999
La prima sensazione è stata quella del dubbio che qualcuno mi avesse scambiato i bicchieri con il campione precedente, in quanto il carattere mostrato da questa versione 1999 è decisamente più “giovanile” di quella che l’ha preceduta. Un frutto che tende a dominare nelle sue tinte calde, decise ed intriganti. Perfettamente disegnato e messo a fuoco, è impeccabile anche sotto il punto di vista della pulizia e dell’armonia. Anche al palato mostra i segni caratteriali di un vino di grande godibilità e di facilità di beva, con un’acidità rinfrescante e determinante ai fini dell’equilibrio. Finale con quel tocco sapido/minerale che è uno dei timbri aziendali. Peccato per un finale un po’ asciutto del tannino che non gli ha permesso di cogliere il punteggio in pieno.
18+/20 – Chianti Classico Riserva Il Poggio 1995
Eccoci al vino che fa da spartiacque tra le due categorie di distinzione. La prima parte dove viene centrata sulla intensità, la spinta e la grinta giovanile e la seconda che mette in campo tutta la suadenza, la dolcezza ed il carattere più saggio, di un Sangiovese più attempato con gli anni. La ciliegia si è fatta “sotto spirito” e la speziatura con tratti più dolci e pronunciati, tesi a volgere un ruolo più di spicco all’interno della sceneggiatura. La complessità e la sostanza sono quelle del grande millesimo, molto vicino nell’articolazione e nella profondità al Poggio ’06, ma con una grinta meno ferma e determinata. In bocca tende a scorrere per tutto il tempo, in maniera disinvolta, con una lunghezza molto fine e silenziosa nei modi, ma quasi interminabile.
17,5/20 – Toscana IGT Fabrizio Bianchi 1988
La versione 1988 del Fabrizio Bianchi è il classico alunno diligente, studioso, preparato e serioso che fa sempre il suo compitino nel migliore dei modi. Un vino che quindi non passa inosservato per la sua fluidità, sia nel corso della degustazione immediata che in quelle successive, dopo aver risolto i suoi problemi di debito con l’ossigeno. Decisamente ben fatto, profondo e portatore felice dei suoi anni. Se proprio vogliamo trovargli un difetto, gli manca un segnale di distinzione che lo facciano ricordare e che lascino un segno indelebile. Anche nella nostra memoria.
17,5-/20 – Chianti Classico Riserva Il Poggio 1982
Un vino che si mostra decisamente su due livelli con due velocità diverse. Il profilo olfattivo si presenta in perfetto abito da sera delle grandi occasioni, sfoggiando uno smoking di grande fascino ed eleganza, maniacale nell’esecuzione e con un carattere molto più agile e sbarazzino di tanti altri vini del suo millesimo. Mentre è la gustativa a segnare un po’ il passo, tale da non trovare il pedale della frizione per ingranare la marcia e affondare la velocità. Il motore e la cilindrata ci sono, il confort ed il volume anche, mentre tende a zoppicare per una chiusura particolarmente asciugante del tannino e per un’acidità messa leggermente in secondo piano, non riuscendo a trovare la perfetta combinazione per imprimere un maggiore allungo.
16,5/20 – Chianti Classico Riserva Il Poggio 1977
Un vino che mostra un temperamento particolarmente sonnacchioso ed evoluto. Rimane sempre chiuso nel suo guscio, dove neanche l’ossigenazione riesce dare un trillo di sveglia. Molto compatto e solido, campeggia nel suo modo di essere un po’ riservato e non particolarmente espansivo, al fine di sentirsi un po’ fuori dal coro in questa carellata del carattere sangiovesizzante di Monsanto. Palato con un filo in più di dinamismo e con una chiusura che dona quel segnale positivo nella mente di chi è entrato in contatto con un questo vino. E meritevole di tutto il nostro rispetto e devozione per avere raggiunto la sua gloriosa e pregevole età.
18,5/20 – Toscana IGT Fabrizio Bianchi 1975
Altissimo Ceto
Standing ovation per questo vino. Esce alla lunga, dopo aver assunto una massiccia dose di ossigeno, con precisione, determinazione e voglia di imporre la sua firma e mettere il punto esclamativo a coronamento di questa bellissima degustazione. Lo è meritevole sicuramente il vino, ma è aiutato anche dal fatto di arrivare in fondo a questa bellissima e suggestiva degustazione di 11 annate di Monsanto. la sua ciliegina sulla nostra torta. Perdonatemi gli “interismi” ( ma la cosa è forzatamente un po’ voluta… 😉 ) non è passato inosservato e oggi lo porto ancora con me, nel mio cassetto della memoria, come il secondo goal di Milito in finale di Champion’s. Bello, emozionante, delizioso, determinante. Determinante così come lo è stato l’apporto di tutta la squadra. E la squadra in questo caso è raffigurata da una famiglia, da una azienda e da uno staff tecnico che lavora perfettamente in sintonia. Dove si può permettere anche il “lusso” di giocare e di estremizzare con vitigni internazionali, ma poi campeggia la vera anima che fa da spina dorsale, rappresentata dal carattere del Sangiovese. Sangiovese che viene trattato come un Re all’interno del suo Castello.
Sì, proprio quel Castello che porta il nome di Monsanto!
Recapiti:
Castello di Monsanto
Via Monsanto, 8
50021 Barberino Val d’Elsa (FI)
Tel: +39 055 805900
Fax: +39 055 8059049
Skype: –
Sito Web: www.castellodimonsanto.it
Indirizzo posta elettronica: monsanto@castellodimonsanto.it
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Un ringraziamento particolare a Francesco Guazzugli Marini, per il suo prezioso lavoro di coordinamento per la visita in cantina e l’organizzazione della degustazione dei vini.
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