VG-TV.
Visita fatta il 20 Agosto 2008.
Ricordate??? Lo scorso mese di Aprile abbiamo reso visita a quel vulcanico personaggio di Roberto Voerzio. Bene, ci eravamo congedati da lui (e da voi…) con la promessa di ritornare a riprendere, con la nostra telecamera, un momento considerato importante per ogni produttore che si rispetti: Il periodo dei diradamenti. Prima di addentrarci nel racconto, volevo approffitare di questo spazio per ringraziare Roberto, per la sua enorme disponibilità a dedicarci parte del suo tempo prezioso e per avere temporeggiato fino al 20 Agosto, lasciando in sopseso del lavoro in alcuni filari, proprio per aspettare le nostre riprese.
Se avete già visto il video di apertura, già avrete captato qualche informazione sul tema centrale di questa recensione, ma se invece non lo avete ancora fatto, allora seguiteci…
Che cosa sono i diradamenti e a cosa servono? Banalizzando, in linea generale, il grande lavoro che c’è alle spalle e l’enorme sacrificio economico per seguire la strada della qualità, possiamo sintetizzare, in pochissime parole, che consiste nell’operazione di ridurre in maniera drastica e severa il numero di grappoli di ogni singola vite, in vista di un arricchimento di sostanze benefiche apportate dalla pianta nell’ultima fase della maturazione, ai grappoli che sono sopravvissuti al taglio delle forbici. Uve ricche di sostanze che potranno mettere nelle condizioni, da parte del produttore, di fare il “grande vino”.
Partiamo con il nostro viaggio dal Vigneto Cerreto adiacente all’azienda, coltivato a Barbera, con un sesto d’impianto composto da viti ravvicinate ma meno fitto rispetto a quello che vedremo poi. Qui, il nostro Roberto, produce quella che lui simpaticamente chiamerà nel fuori onda: “la Barbera più economica” (averne…). Motivo principale è data dalla composizione del terreno, meno ricco in sostanze benefiche, rispetto al Pozzo dell’Annunziata e con un’esposizione meno “solare”. Risultato, i filari sono stati tenuti più larghi proprio per permettere un maggiore irraggiamento.
Via con il filmato…
Le vigne di Roberto Voerzio-Vigneto Cerreto.
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Ci spostiamo ora nella frazione Annunziata del comune di La Morra e più precisamente nel Vigneto Pozzo dell’Annunziata, anch’esso coltivato a Barbera. Da questo vigneto, Roberto, ricava le uve che andranno a produrre la sua famosa Barbera d’Alba prodotta solo in magnum. Prima però, facciamo un ripasso di come lo avevamo lasciato ad Aprile.
Le vigne di Roberto Voerzio-Vigneto Pozzo dell’Annunziata (Aprile 2008).
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Lo scopo di aver creato un vigneto con una densità di impianto che raggiunge le 8.000 piante per ettaro, consiste nel tenere le viti ravvicinate in maniera tale che ciascun apparato radicale, entrando in “competizione” con quello a fianco, tenda a spingersi in profondità, alla ricerca del nutrimento migliore per il fabbisogno di ciascuna pianta. In questo vigneto, come per gli altri, Roberto ci ha spiegato che i diradamenti vengono fatti in due fasi. Con la prima si ha il compito di lasciare solo cinque grappoli sul tralcio. Tralcio che a gennaio era stato potato a cinque gemme (mentre per il Nebbiolo ne vengono lasciate sette). Nel secondo passaggio, che spesso coincide con il periodo dell’invaiatura (ovvero quando l’acino incomincia a cambiare colore), i grappoli vengono privati, nel caso dei vigneti di Voerzio, della parte centrale e quella inferiore, lasciando quindi solo le tre alettine superiori.
Via con il filmato…
Le vigne di Roberto Voerzio-Vigneto Pozzo dell’Annunziata (agosto 2008).
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Nella seconda parte del filmato, viene ripetuta l’operazione, ma riprendiamo ad una distanza più ravvicinata e Roberto ci racconta come ci si comporta diversamente quando di fronte abbiamo dei grappoli compatti oppure se sono spargoli.
Le vigne di Roberto Voerzio-Vigneto Pozzo dell’Annunziata-2a parte.
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In questo vigneto facciamo anche la conoscenza di Dino, mitico personaggio, instancabile, che da tantissimi anni lavora a fianco di Voerzio e ne custodisce i segreti di ogni vigneto. Inevitabile la battuta da parte degli altri operai: “Dino stappa un Cro…che ci sono quelli di Altissimo Ceto!” 😀
Il trasferimento prevede ora di spostarsi nelle vigne coltivate a Nebbiolo. Incominciando dal Vigneto Rocche dell’Annunziata, che si trova anch’esso nella frazione omonima. Una delle particolarità di questa vigna è, contrariamente di quello che troviamo in vigneti come La Serra, Cerequio, Capalot, Brunate, lo sviluppo dei filari che sono posizionati lungo il crinale della collina.
Il terreno del Rocche (per gli amici…) ci rivela Voerzio ha una composizione di elementi che, rispetto ad altri vigneti di La Morra, da’ come risultato finale un vino dotato di grande materia colorante, grande aromaticità ma (aggiungo io…) con meno profondità rispetto a Brunate e Cerequio, e con un tannino che sempre rispetto a questi, parte, a parità di annata, più minuto e più vellutato.
Il filmato è quello che avete trovato in apertura del post.
Le vigne di Roberto Voerzio-Rocche dell’Annunziata.
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Traslochiamo in direzione Vigneto Cerequio. Esso viene considerato tra i più grandi vigneti di Langa, da questo vigneto frazionato in numerose parcelle con diversi proprietari, sono spesso uscite bottiglie leggendarie (e non solo dalla cantina di Voerzio…), vini dotati di grandi profondità, sicuramente tra i più longevi di quelli del comune di La Morra, con caratteristiche molto simili a quelli di Serralunga, con aromi balsamici acquisiti in fase di invecchiamento nel lungo periodo, acidità più appuntite e tannini più difficili da domare rispetto a quelli delle Rocche. Visto che scherzosamente vengo ripreso da Roberto, perchè sembra che abbia vita più facile muovendomi tra decanter e cavatappi, anzichè tra filari e forbici, ecco che mi propongo per compiere questa operazione. Vi rassicuro dicendo che è stata fatta solo su una pianta, altrimenti Voerzio avrebbe corso, sul serio, il rischio di compromettere il risultato finale in previsione del Barolo Cerequio 2008. 😉
Via con il filmato…
Le vigne di Roberto Voerzio-Vigneto Cerequio.
Se non riuscite a visualizzare il filmato, cliccate qui. EC: “Roberto, non vedo cosa ci sia da ridere???” 😉
Ultimo vigneto del nostro pomeriggio, ma non di certo in ordine di importanza, è il Capalot. Vigneto coltivato a Nebbiolo da Barolo, con un’età media dei vigneti che supera i 50 anni.
Lo spessore, la profodità e la struttura dei vini prodotti a partire dalle uve quì prodotte, è sicuramente da individuare nella qualità che se ne ricava dalle vigne vecchie. Fermo restando alla qualità indiscussa della composizione del terreno e della sua lavorazione.
Via con il filmato…
Le vigne di Roberto Voerzio-Vigneto Capalot.
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A questo punto, terminati i lavori di diradamento, solo una “persona” può intercedere sulla buona tenuta delle condizioni climatiche da qui fino alla vendemmia.
Roberto, che dici? Gli facciamo una telefonata??? 😀
Ritorniamo in Cantina, perchè ci è venuta sete…
Tralascio questa volta le schede tecniche, che sono state ampiamente descritte nella recensione di Aprile.
Giudizio EC: 19,5/20-ALTISSIMO CETO
Ed io che credevo di aver trovato nel Rocche dell’Annunziata Torriglione la punta di diamante di Casa Voerzio in questa annata! Che sciocco! Avevo tirato le somme senza aver fatto i conti che all’appello mi mancava il Sarmassa. Si presenta già al colore con una grandissima vivacità e luminosità sintomo di un vino in forma strepitosa e che, credo, consegnerà la 2004 ai posteri, con all’attivo un’omogeneità qualitativa su tutti i vini (anche se ci manca ancora, sul mio taccuino, l’assaggio del vecchie Viti di Capalot e delle Brunate…), tra la più alta di sempre. Probabilmente anche della ottima 2001. Presenta una precisione stilistica cristallina, profondità aromatica e con una grande armonia con il legno. Una nota aromatica su tutte, che lo differenzia dagli altri cru, è data da questa ciliegia polposa, dolce e croccante. Il Sarmassa è l’unico vigneto di Voerzio, insieme ad una parte del Cerequio, a trovarsi nel comune di Barolo, caratteristica che la si ritrova al palato attraverso una maggiore austerità del tannino, agilità da grande annata, che lo rendono inconfondibile rispetto ai suoi fratellini nati a La Morra. Grandissima freschezza a sostenere un calore passionale ed avvolgente al palato. Chiusura in grande stile, pulizia ed eleganza. Un Mike Tyson con l’eleganza di Charlize Theron.
Giudizio EC: 18/20
Non me ne vorrà Voerzio se, nella mia personale classifica tra le sue annate, la calda 2000, la colloco un gradino sotto alla ’99, alla ’01, alla ’97 che presentava molte caratteristiche in comune, oppure anche alla “torrida” ’03 (!!!). Intendiamoci, i vini sono grandi, hanno vigore, articolazione, profondità ma è sulle sfumature (veramente) sottili dell’eleganza e dell’equilibrio con il legno che perdono la battaglia. Severità di giudizio che nasce solo dal fatto che da lui si vuole sempre il meglio e che sia più facile trovare dei difetti quando si è abituati alla perfezione. Motivo in più se davanti hai un’etichetta di uno dei produttori che più stimi, per la volontà e l’impegno che ci mette ogni giorno nel suo lavoro. Tornando al nostro Cerequio, lo troviamo perfettamente in coerenza con il DNA, pur evidenziando le caratteristiche introdotte prima, di questo cru. Vigore, foga, anima ed un quadro aromatico sorprendentemente esuberante già al primo contatto con l’aria. Al palato grande avvolgenza e la solita articolazione del tannino del Cerequio.
Giudizio EC: 17,5+/20
Accettiamo la sfida di Voerzio che ci ha voluto proporre attraverso due cru di annate considerate “minori”. In quegli anni già si conosceva l’idea del Barolo da parte di questo produttore (a parte il sottoscritto, visto che entrava a far parte del Mondo del Vino proprio nell’anno di uscita di questo vino e che manco sapeva chi fosse Roberto Voerzio. Beata ignoranza!) e anche in queste annate, la sua idea prendeva sempre di più forma. Si può dire che anche grazie alle difficoltà incontrate in annate complicate, nel periodo compreso tra la ’90 e la ’95, sono servite a Roberto per crescere in esperienza e capire che l’importanza di seguire il vigneto durante tutto l’arco dell’anno di fa’ mettere dalla parte della ragione. Il risultato è un vino che non si presenta per niente diluito, nè tanto meno alleggerito. Certo non avrà lo spessore di annate più importanti, ma ha tutte le carte in regola per “stare in piedi” con grande rispetto.
Giudizio EC: 17,5?/20
Forse per via della scarsa tenuta del tappo che questo Brunate ’91 si presenta molto più fiacco del La Serra ’92, più di quanto si possa accettare in due vini nate entrambri da annate difficili, il cui divario sia frazionato di un solo anno. Perciò con il beneficio di inventario, lasciamo il punto interrogativo al fianco del giudizio, evitiamo di logorarci sul perchè o il percome di questo, e godiamoci il nostro bel bicchiere, di Brunate ’91. E’ pur sempre un vino da 17,5/20 con 17 anni alle spalle… O no???
Conclusioni.
La nostra parte conclusiva di oggi è la sintesi di una lunga chiacchierata, fatta durante la degustazione dei vini, dove abbiamo portato alla luce a Voerzio un recente dibattito circa le dicerie di un suo ripensamento e quindi un possibile ritorno, da parte sua, all’utilizzo della botte grande. Questo in sintesi il suo pensiero:
(In modifica…)
Ma poi, ve lo immaginate voi, Ferran Adrià alle prese con un Brasato al Barolo???
P.s.: Prossima tappa in cantina? Per le vendemmie…
Ivano Antonini alias EnoCentrico